Comunicare il Rischio: Le 3 Trappole da Evitare

Comunicare il Rischio: Le 3 Trappole da Evitare

Se hai letto i miei libri o hai partecipato alle mie conferenze, mi avrai sentito raccontare le disavventure della Korean Airlines.

È una storia aziendale che ci insegna molto rispetto alla Sicurezza sul Lavoro e alla comunicazione. 

Nel 1997, 223 persone a bordo del volo 801 della Korean Air persero la vita a Guam, nel Sud del Pacifico.

Non fu un incidente isolato.

Appena due anni dopo, un Boeing 747 precipitò a Seul e 3 anni più tardi un altro velivolo si schiantò nell’isola di Sakhalin. 

Negli anni ’90, la Korean Air registrava un tasso di perdite di velivoli 17 volte superiore rispetto alla United Airlines.

Oggi però, la compagnia coreana è considerata una delle più sicure al mondo. 

Cosa ha permesso questo repentino cambio di performance?

Qual era la causa dietro i tanti incidenti?

La compagnia ha svolto indagini e ricerche, ed ecco ciò che è emerso. 

Non si trattava di incapacità dei piloti o di scarsa manutenzione dei velivoli, quanto di mancanza di comunicazione

Nella cultura coreana, è buona educazione utilizzare un linguaggio piuttosto indiretto e non mancare mai di rispetto ai propri superiori. 

Motivo per cui, quando il copilota del volo 801 si accorse che il suo capo stava commettendo un tragico errore, le ultime parole che uscirono dalla sua bocca furono soltanto “sul radar la pista non si vede”.

Fine, letteralmente. 

Korean Air lavorò duramente sulle procedure di comunicazione e sul superamento dei limiti culturali, riuscendo in pochi anni ad aggiustare il tiro.

Molte indagini nel settore dell’aviazione, dimostrano come spesso le cause dei disastri aerei siano da ricercare nella comunicazione e nel lavoro di squadra.

Anche nella Sicurezza sul Lavoro, una buona comunicazione può migliorare nettamente le performance.

La prima trappola che un Responsabile del Safety deve evitare, dunque, è sottovalutare l’importanza della comunicazione del rischio.

La seconda è invece non distinguere tra forma e contenuto. Spesso ci convinciamo che è il contenuto ciò che conta, la forma è solo un di più.

“A cosa mi serve comunicare efficacemente il Rischio, l’importante è sapere cosa dice la normativa e come prevenire gli infortunihhh!!!111!!!” 

Sono tantissime le ore spese ad aggiornarsi tecnicamente, ma quante ore vengono investite nel migliorare le procedure comunicative in azienda?

O a perfezionare il proprio stile formativo?

O a comprendere i principi della motivazione umana? 

Eppure pensaci bene: se ti offrissero un Barolo dentro una bottiglia di tetrapack, lo apprezzeresti davvero come merita?

Probabilmente no e partiresti forse con un certo grado di diffidenza…

Allo stesso modo, è probabile che i tuoi contenuti in quanto professionista della sicurezza siano già eccellenti.

Sai qual è il miglior modo per prevenire gli infortuni sul lavoro, eppure, incontri resistenze a far accettare le tue istruzioni.

Non si tratta solo di aspetti esteriori, è proprio la capacità di comunicare al meglio il tuo sapere tecnico, scegliendo le parole giuste per coinvolgere tutti i livelli aziendali. 

Trovare il modo giusto per comunicare.

A cosa serve possedere un enorme bagaglio di conoscenza tecnica se poi nessuno è interessato ad ascoltarci?

La terza trappola è quella dell’imposizione.

Qui sta il cuore della differenza tra un “semplice” responsabile della sicurezza e un Safety Coach. Un Safety Coach non impone le procedure corrette per evitare infortuni sul lavoro, ma accompagna le persone a imparare.

Non basta solo ripetere a pappagallo i rischi e gli obblighi.

È necessario mostrare e far sperimentare sul campo, con esempi concreti, ciò che può essere utile.

Un famoso esperimento condotto in IBM ha dimostrato la differenza nella memoria a lungo termine di persone a cui era stato detto qualcosa rispetto a quelle a cui era stato detto, mostrato e fatto sperimentare lo stesso concetto.

Dopo 3 mesi, solo il 10% di quelli a cui era stato “detto” ricordavano i concetti esposti, mentre ben il 65% di quelli che avevano avuto modo di vedere e sperimentare le stesse cose lo ricordavano.

Lo stesso vale nella Sicurezza sul Lavoro: bisogna cercare per quanto possibile di mostrare e far sperimentare quanto si spiega nella teoria.

Diversamente, è altamente probabile che il ruolo del responsabile della sicurezza venga percepito solo come un grigio burocrate che impartisce regolette e lezioncine.

L’approccio top-down, autoritario e impositivo, non fa altro che irritare i lavoratori e non si dimostra affatto efficace sul lungo periodo.

Il compito di un Safety Coach è rendere i lavoratori consapevoli e responsabili dei rischi che corrono e di quanto possono fare per evitarli.

Spesso, le persone sanno cosa dovrebbero fare, ma faticano a metterlo in pratica. La celebre “differenza tra il dire e il fare”.

Il tuo obiettivo non è dire, ma far fare, e per ottenere questo obiettivo devi necessariamente tenere conto di aspetti relazionali, emotivi e comunicativi che entrano in scena nell’ostico panorama aziendale.

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