Cultura della Sicurezza e il Fenomeno Hooligans
Nella civile, avanzata, moderna Lombardia, quest’anno si è registrato un incremento del 61% delle cosiddette “morti bianche”, gli infortuni sul lavoro con esito mortale, con un bilancio di ben 58 decessi dall’inizio dell’anno nella sola regione.
Non è solo “sfortuna” o “fatalità”, lo sappiamo bene.
Si tratta di norme da seguire, controlli da rafforzare, formazione da erogare. Ma, soprattutto, si tratta di creare una cultura della sicurezza condivisa. Solo così si può invertire un trend tragico.
Immagino che tu abbia già sentito parlare dei tristemente noti hooligans. Non certo dei gentlemen britannici, e neppure semplici tifosi appassionati della propria squadra. Fin dagli anni ’60, si sono caratterizzati più come dei teppisti organizzati in gang, con una notevole propensione alla violenza gratuita.
Dagli anni ’70 in avanti sono stati numerosi i casi di accoltellamenti e le morti di tifosi. In Italia ha avuto molta eco la strage dell’Heysel: in occasione della finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool persero la vita 39 tifosi, la maggior parte italiani. Il tragico culmine si registra il 15 aprile dell’89, quando 96 tifosi del Liverpool muoiono schiacciati dalla calca durante una partita. È l’ennesimo campanello d’allarme, e lo Stato non può più fare finta di niente.
I provvedimenti presi dal governo e da Margaret Thatcher, all’epoca Primo Ministro, furono molteplici. Interventi repressivi, miglioramento degli stadi, ma soprattutto un cambio di prospettiva epocale: responsabilità condivisa dallo Stato alle società sportive.
I club vennero responsabilizzati, chiedendo a loro di vigilare sulla sicurezza degli stadi con personale interno, non appoggiandosi solo alla polizia, un ente esterno da sempre visto come “nemico”. Questo passaggio è stato di cruciale importanza per cambiare la mentalità dei tifosi, costruendo una mentalità condivisa di sport sano, capace di “espellere” autonomamente le frange più volente ed estremiste.
In pochi anni, grazie alla combinazione di manovre di diverso tipo, repressive ed educative, è stato possibile cambiare la cultura del tifo inglese. Questo aspetto è di fondamentale importanza.
Infatti, l’uomo è un animale sociale ed è fortemente influenzato dal contesto in cui si trova, dalla cultura che permea l’ambiente intorno a lui.
A tal proposito, mi piace ricordare la teoria delle finestre rotte, così definita negli anni ’80 dal sociologo James Q. Wilson e dal criminologo George L. Kelling.
I due studiosi rispolverarono un esperimento sociale condotto nel 1969 da Philip Zimbardo.
Lo psicologo abbandonò per strada due automobili: una nel malfamato quartiere del Bronx e l’altra nella ricca Palo Alto, in California. Come era forse prevedibile la vettura a Palo Alto non venne toccata, quella nel Bronx fu invece saccheggiata e danneggiata.
Ma poi Zimbardo, a distanza di qualche settimana, tentò una variante: ruppe il finestrino di una seconda auto parcheggiata sempre in California. Questo cambiò le cose: la nuova condizione portò la macchina posteggiata nei quartieri altolocati a ricevere lo stesso trattamento di quella del Bronx. Bastò un solo finestrino rotto.
Molti dei saccheggiatori non erano criminali o persone disagiate, ma avevano l’aspetto di persone comunissime. Lo psicologo giunse pertanto alla conclusione che il finestrino rotto è un segnale di abbandono della zona, che fa scattare un meccanismo mentale di noncuranza e ribellione alle regole sociali.
In un certo senso se l’ambiente intorno a noi manifesta scarso rispetto delle norme civili, ci sentiamo autorizzati a compiere atti vandalici in misura sempre maggiore.
Ed ecco dunque tornare il tema del condizionamento culturale. Come esseri sociali tendiamo a uniformare il nostro comportamento a quello delle persone intorno a noi.
Anche nella Sicurezza sul Lavoro, se nell’ambiente intorno a noi “si chiude un occhio” sulle piccole disattenzioni, l’atteggiamento dei più tenderà verso un pericoloso e progressivo abbandono delle regole stabilite.
Ricorda: la Teoria delle finestre rotte ci insegna che un ambiente rigido, che stronca sul nascere i piccoli comportamenti scorretti, è vincente nel costruire una solida Cultura della Sicurezza.
Solo con vigilanza costante, attenzione e molta dedizione si possono costruire le fondamenta di un’azienda sicura.
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