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Sicurezza Lavoro e l’effetto Gratta e Vinci

Alzi la mano chi, almeno una volta nella vita, non abbia tentato la fortuna con i ben noti Gratta e Vinci.

Ma cosa c’entra la Dea Bendata con la Cultura della Sicurezza sul Lavoro? Seguimi e te lo spiegherò.

Il tuo ruolo di professionista della Sicurezza è di trasmettere a tutti i livelli aziendali i valori, le giuste regole e i corretti comportamenti da mettere in atto.

Facile sulla carta, ben più difficile nella realtà quotidiana. Trasmettere l’attenzione su temi così centrali come Salute e Sicurezza nei luoghi di lavoro è compito che si rivela ben più arduo del previsto.

Beh lascia che ti dia alcuni numeri sui Gratta e Vinci. Si stima che in Italia, ogni giorno, vengano venduti circa 5,5 milioni di biglietti. Ripeto: CINQUE MILIONI E MEZZO.

Razionalmente dovremmo tutti essere coscienti del fatto che la possibilità di vincere è pressoché nulla, eppure molte persone continuano a cadere in questo trappolone e buttano i loro soldi al gioco.

Nella relazione sullo svolgimento delle lotterie nazionali 1993-1996, firmata dall’allora ministro delle Finanze Visco e la prima da quando sono stati introdotti i grattini, c’è scritto il perché le lotterie istantanee funzionino così bene.

“Il giocatore è psicologicamente convinto di essere il protagonista esclusivo del gioco […] Inoltre, in base alle regole del gioco e ai messaggi pubblicitari che ha recepito, ha acquisito la consapevolezza di avere una elevata probabilità di vincita e che il premio, vinto almeno fino ad un certo importo, gli sarà pagato immediatamente”.

Sì ok, ma cosa c’entra allora questo con la Sicurezza sul Lavoro? Beh molto semplice: si tratta, anche in questo caso, di un Bias Mentale. Più precisamente del Bias mentale della Probabilità.

Questi Bias (o trappole mentali), sono piccoli errori di valutazione che commette il nostro cervello e di cui spesso non siamo consapevoli.

E’ lo stesso fenomeno che si manifesta quando un operaio asserisce con fermezza “A me non è mai successo niente, a che mi servono i DPI?”

La persona che afferma qualcosa del genere manifesta la sua incapacità di riconoscere realmente i Rischi. Sta letteralmente distorcendo la realtà.

Beh le conseguenze di questi Bias possono essere disastrose. Proprio come chi si sta rovinando la vita con il gioco d’azzardo, anche chi nel proprio lavoro rimane incastrato in queste distorsioni cognitive si espone a infortuni e incidenti sul lavoro anche gravi.

L’unica possibilità che abbiamo per superare questi Bias è di coinvolgere a livello profondo il nostro interlocutore. Non basta scrivere norme o aggiornare le procedure interne.

Per poter affrontare e trasformare le convinzioni mentali delle persone con cui lavori hai bisogno di un metodo comunicativo efficace e strategico.

Sicurezza Lavoro: tu ci credi alle Scie Chimiche?

Qualcosa non va nella vita? La colpa sarà senza dubbio del governo, dei poteri forti, dei “cattivi” che cercano di rovinarci l’esistenza. Anche quelle strane scie bianche che si vedono al passaggio di un aereo in cielo no, non sono banale vapore acqueo. Sono agenti chimici spruzzati in volo da non si sa bene chi, per non si sa bene quali scopi (ma sicuramente oscuri e minacciosi).

È la teoria del complotto, che ha trovato una delle sue manifestazioni più evidenti nel fenomeno delle cosiddette scie chimiche.

Una bufala, una fake news, come è stato più volte ribadito da governi di ogni Paese che hanno dimostrato l’assoluta inesistenza del fenomeno.

Eppure, la teoria è stata oggetto di 14 interrogazioni parlamentari solo in Italia e un sacco di gente ci crede (il 17% della popolazione secondo una ricerca internazionale del 2011).

Perché crediamo a cose palesemente false? Spesso, perché più facile così.

Le bufale sono una scorciatoia. Ci danno una risposta semplice a problemi complicati. Che poi la risposta sia sbagliata, conta poco.

È confortante dare la colpa a qualcun altro, trovare un capro espiatorio per tutto, come un ente governativo segreto che avvelena i nostri cieli.

Allo stesso modo esistono ancora, sul mercato, centinaia di pseudo-professionisti della Sicurezza sul Lavoro, che chiamando in causa qualche misterioso complotto esterno, finiscono solo per fare burocrazia e documenti copia-incolla.

Si verificano incidenti sul lavoro? Si, ma la colpa è della concorrenza, della globalizzazione, dei cinesi che avvelenano il mercato del lavoro.

L’azienda non rispetta le regole di sicurezza sul lavoro? Si, ma è colpa della burocrazia, delle leggi troppo complicate, dello Stato e dell’Unione Europea…

La verità è che queste sono solo scuse.

Fare davvero Sicurezza sul Lavoro è uno dei compiti più difficili in assoluto. Questo perché non si tratta solo di condividere leggi, di aggiornare i DVR o di erogare la formazione obbligatoria.

Fare Sicurezza significa influenzare profondamente le persone, modificandone convinzioni e comportamenti.

Ecco perché nella Sicurezza si raggiungono i più alti livelli di negoziazione interpersonale.

Ora se per certi personaggi la scusite è la via più breve per non doversi assumere la responsabilità di cambiare le cose, fare bene il nostro mestiere significa non credere alle scie chimiche.

Significa non limitarsi alla risposta più semplice e consolatoria ma impegnarsi per andare oltre, per cercare una soluzione magari più complicata, ma efficace.

Gli infortuni sul Lavoro non avvengono perché qualcuno avvelena i cieli o perché le leggi non sono scritte bene.

Gli infortuni avvengono, nel 90% dei casi, perché i comportamenti messi in atto negli ambienti di lavoro non sono corretti, perché i luoghi di lavoro non sono idonei o perché, ancora più tristemente, non esiste una forte e solida cultura della prevenzione.

E qualcuno pensa davvero di creare Cultura con scartoffie e documenti? Leggo ancora oggi, nei dibattiti sui vari gruppi facebook o Linkedin, delle osservazioni che mi lasciano esterrefatto.

Tutta la questione Safety sembra ridursi a operazioni di commi, articoli e deleghe.

Beh se mi chiedessero di scegliere tra burocrazia o intelligenza emotiva, so bene quale alleato vorrei al mio fianco per influenzare l’azienda, per coinvolgerla, per ispirare un cambiamento positivo.

boccaloni delle Scie Chimiche li lascio con il naso all’insù, felici di credere all’ennesima bufala.

Comunicare il Rischio: Le 3 Trappole da Evitare

Se hai letto i miei libri o hai partecipato alle mie conferenze, mi avrai sentito raccontare le disavventure della Korean Airlines.

È una storia aziendale che ci insegna molto rispetto alla Sicurezza sul Lavoro e alla comunicazione. 

Nel 1997, 223 persone a bordo del volo 801 della Korean Air persero la vita a Guam, nel Sud del Pacifico.

Non fu un incidente isolato.

Appena due anni dopo, un Boeing 747 precipitò a Seul e 3 anni più tardi un altro velivolo si schiantò nell’isola di Sakhalin. 

Negli anni ’90, la Korean Air registrava un tasso di perdite di velivoli 17 volte superiore rispetto alla United Airlines.

Oggi però, la compagnia coreana è considerata una delle più sicure al mondo. 

Cosa ha permesso questo repentino cambio di performance?

Qual era la causa dietro i tanti incidenti?

La compagnia ha svolto indagini e ricerche, ed ecco ciò che è emerso. 

Non si trattava di incapacità dei piloti o di scarsa manutenzione dei velivoli, quanto di mancanza di comunicazione

Nella cultura coreana, è buona educazione utilizzare un linguaggio piuttosto indiretto e non mancare mai di rispetto ai propri superiori. 

Motivo per cui, quando il copilota del volo 801 si accorse che il suo capo stava commettendo un tragico errore, le ultime parole che uscirono dalla sua bocca furono soltanto “sul radar la pista non si vede”.

Fine, letteralmente. 

Korean Air lavorò duramente sulle procedure di comunicazione e sul superamento dei limiti culturali, riuscendo in pochi anni ad aggiustare il tiro.

Molte indagini nel settore dell’aviazione, dimostrano come spesso le cause dei disastri aerei siano da ricercare nella comunicazione e nel lavoro di squadra.

Anche nella Sicurezza sul Lavoro, una buona comunicazione può migliorare nettamente le performance.

La prima trappola che un Responsabile del Safety deve evitare, dunque, è sottovalutare l’importanza della comunicazione del rischio.

La seconda è invece non distinguere tra forma e contenuto. Spesso ci convinciamo che è il contenuto ciò che conta, la forma è solo un di più.

“A cosa mi serve comunicare efficacemente il Rischio, l’importante è sapere cosa dice la normativa e come prevenire gli infortunihhh!!!111!!!” 

Sono tantissime le ore spese ad aggiornarsi tecnicamente, ma quante ore vengono investite nel migliorare le procedure comunicative in azienda?

O a perfezionare il proprio stile formativo?

O a comprendere i principi della motivazione umana? 

Eppure pensaci bene: se ti offrissero un Barolo dentro una bottiglia di tetrapack, lo apprezzeresti davvero come merita?

Probabilmente no e partiresti forse con un certo grado di diffidenza…

Allo stesso modo, è probabile che i tuoi contenuti in quanto professionista della sicurezza siano già eccellenti.

Sai qual è il miglior modo per prevenire gli infortuni sul lavoro, eppure, incontri resistenze a far accettare le tue istruzioni.

Non si tratta solo di aspetti esteriori, è proprio la capacità di comunicare al meglio il tuo sapere tecnico, scegliendo le parole giuste per coinvolgere tutti i livelli aziendali. 

Trovare il modo giusto per comunicare.

A cosa serve possedere un enorme bagaglio di conoscenza tecnica se poi nessuno è interessato ad ascoltarci?

La terza trappola è quella dell’imposizione.

Qui sta il cuore della differenza tra un “semplice” responsabile della sicurezza e un Safety Coach. Un Safety Coach non impone le procedure corrette per evitare infortuni sul lavoro, ma accompagna le persone a imparare.

Non basta solo ripetere a pappagallo i rischi e gli obblighi.

È necessario mostrare e far sperimentare sul campo, con esempi concreti, ciò che può essere utile.

Un famoso esperimento condotto in IBM ha dimostrato la differenza nella memoria a lungo termine di persone a cui era stato detto qualcosa rispetto a quelle a cui era stato detto, mostrato e fatto sperimentare lo stesso concetto.

Dopo 3 mesi, solo il 10% di quelli a cui era stato “detto” ricordavano i concetti esposti, mentre ben il 65% di quelli che avevano avuto modo di vedere e sperimentare le stesse cose lo ricordavano.

Lo stesso vale nella Sicurezza sul Lavoro: bisogna cercare per quanto possibile di mostrare e far sperimentare quanto si spiega nella teoria.

Diversamente, è altamente probabile che il ruolo del responsabile della sicurezza venga percepito solo come un grigio burocrate che impartisce regolette e lezioncine.

L’approccio top-down, autoritario e impositivo, non fa altro che irritare i lavoratori e non si dimostra affatto efficace sul lungo periodo.

Il compito di un Safety Coach è rendere i lavoratori consapevoli e responsabili dei rischi che corrono e di quanto possono fare per evitarli.

Spesso, le persone sanno cosa dovrebbero fare, ma faticano a metterlo in pratica. La celebre “differenza tra il dire e il fare”.

Il tuo obiettivo non è dire, ma far fare, e per ottenere questo obiettivo devi necessariamente tenere conto di aspetti relazionali, emotivi e comunicativi che entrano in scena nell’ostico panorama aziendale.

5 domande efficaci per Comunicare il Rischio

Cosa serve a un Professionista della Sicurezza sul Lavoro per ottenere successo nella prevenzione degli infortuni? Semplice: conoscere anzitutto i rischi correlati a una determinata attività e le giuste azioni da intraprendere per porvi rimedio. Senza un’adeguata conoscenza tecnica la Sicurezza sul Lavoro non si può proprio fare.

Ma è sufficiente questo requisito per ottenere risultati?

La realtà ci dice di no. Troppo spesso, infatti, le indicazioni vengono disattese e le vecchie abitudini tornano a farsi largo nella quotidianità del lavoro.

Cosa ci permette allora di colmare il Gap tra ciò che si dovrebbe fare e ciò che realmente si fa nelle organizzazioni? Come riuscire a coinvolgere alla Sicurezza e creare realmente attenzione intorno al tema della prevenzione?

Oltre alla conoscenza tecnica, il requisito essenziale di ogni professionista che si rispetti, è la capacità di condividere la stessa a tutti i livelli aziendali. Che si tratti di influenzare le decisioni della Dirigenza o di orientare virtuosamente i comportamenti dei lavoratori la carta vincente è sempre la stessa: comunicare efficacemente il rischio.

Oggi voglio proporti allora 5 domande essenziali per poter raggiungere questo scopo. “Aspetta un attimo, come domande? Le domande per comunicare?”

Ebbene sì, le domande sono una delle armi più potenti nel nostro arsenale della prevenzione. Le possiamo sfruttare perché hanno alcune caratteristiche uniche.

In particolare le domande hanno 3 grandi vantaggi:

Il tuo cervello cerca sempre una risposta, anche quando non la conosce.

Non possiamo fare a meno di rispondere alle domande. Attivano immediatamente un processo di dialogo interno, ecco perché sono così utili nella comunicazione. Spesso si dice anche “Chi domanda comanda”.

Le domande orientano il Focus e l’attenzione

Tra gli oggetti intorno a te, qual è quello più buffo?

Ecco, mi è bastata questa semplice domanda per orientare la tua attenzione e indirizzare il tuo Focus verso la ricerca attiva. Prova a immaginare la potenza di questo principio nella prevenzione degli infortuni per disattenzione.

Le Domande aprono la ricerca di soluzioni

Cosa possiamo fare per migliorare la Sicurezza in questo reparto?

Domande di questa natura ci aiutano a esplorare nuove possibilità, nuove strade per raggiungere i risultati che desideriamo. Ogni quesito, se ben formulato, ci avvicina verso la meta.

Eccoti dunque 5 domande pronte all’uso per facilitare il tuo compito di condividere e comunicare la Sicurezza sul Lavoro in azienda. Fanne buon uso, non dimenticare però che la vera maestria consiste nel padroneggiare i principi con cui creare Domande di qualità per le nostre conversazioni strategiche di Sicurezza.

  1. Cosa osservi di pericoloso in questo reparto?
  2. Quali DPI dovresti indossare per proteggerti?
  3. Quali rischi ci sono in questa attività?

Domande di questa natura attivano il riconoscimento autonomo dei rischi, fondamentale per creare consapevolezza nei lavoratori.

  1. C’è qualcosa che vorresti segnalarmi? C’è qualcosa che ritieni importante?

Su questo punto permettiamo alle persone di aprire l’esplorazione nella prevenzione degli infortuni. Invitare a segnalare mancati infortuni, condizioni precarie o ambienti inadeguati, ci aiuta nella raccolta di preziose informazioni.

  1. Perché dobbiamo lavorare rispettando queste regole? Quali conseguenze ci sono?

Invitare il proprio interlocutore a esplorare i possibili infortuni e le conseguenze negative di una specifica attività, ci aiuta nel creare attenzione attraverso il driver motivazionale degli istinti.

Tutte queste domande ci aiutano nel processo quotidiano di costruzione di ambienti sicuri.

Ricorda che la logica di comunicazione basata sul Safety Coaching prevede soprattutto alcuni vantaggi indiretti sulla Motivazione. In particolare:

  • Attivare il S.A.R. del Lavoratore “Se lo riconosco presterò attenzione”
  • Aumentare il coinvolgimento, l’apprendimento e la responsabilità “Se mi riguarda lo farò”
  • Facilitare la motivazione attraverso l’auto-efficacia “Se sono in grado di farlo lo farò”

Un Safety Coach esperto, prima di condividere le eventuali indicazioni importanti, accompagna e allena il riconoscimento autonomo da parte dei lavoratori interessati.