Come cambiare davvero la Cultura della Sicurezza

Nel complicato mondo della Sicurezza sul Lavoro, quello con cui probabilmente ti confronti ogni giorno, la necessità di un cambio Culturale è sotto gli occhi di tutti: c’è ancora troppa poca attenzione al tema della prevenzione!

Che si tratti di migliorare l’attenzione dei lavoratori sulle corrette procedure di sicurezza, che si tratti di convincere un datore di lavoro ad approvare un nostro progetto oppure che si lavori nell’ambito più generale di migliorare le disposizioni sul Safety, quello che realmente ci serve è sapere come fare per guidare, condurre e mantenere il cambiamento culturale.

Ma cosa serve per realizzare un radicale cambio di Cultura all’interno di un’organizzazione?

Da appassionato di Change Management e Crescita personale, molto spesso questa domanda si è affacciata nella mia mente, lasciando spazio a tanti dubbi.

Se da un lato la ricetta definitiva sembra pura utopia, con gli anni una cosa però l’ho capita: c’è un’enorme differenza tra i cambiamenti temporanei e i cambiamenti permanenti.

Per comprendere meglio questi due meccanismi dobbiamo anzitutto affondare la nostra ricerca nella Teoria Sistemica.

Secondo questa Teoria un sistema può essere definito come un insieme di elementi interdipendenti. Ogni variazione di uno di questi elementi tende a riflettersi su tutti gli altri, analogamente un cambiamento nel sistema tende ad influenzare i diversi elementi del sistema e, frequentemente, l’ambiente in cui è inserito e gli altri sistemi con i quali entra in relazione.

Per poter parlare di sistema è necessario che gli elementi abbiano una sorta di scopo in comune (anche non espressamente dichiarato).

Quando si osserva il cambiamento da una condizione (A) verso una condizione migliore (B) considerando la Logica Sistemica, tutto acquista una comprensione diversa.

I Sistemi infatti tendono all’omeostasi, la naturale propensione al raggiungimento dell’equilibrio.

Ricorda: Ogni volta che cerchiamo di introdurre un cambiamento nei sistemi (leggasi aziende) questi agiranno con una forza contraria che tenterà di contrastarci per mantenere l’equilibrio raggiunto.

Ecco allora che non possiamo accettare solo i cambiamenti temporanei. 

Un operaio che indossi un DPI (comportamento) ma non abbia realmente compreso il valore di farlo (convinzione) e non abbia acquisito il meccanismo inconscio di ripetizione del comportamento (abitudine), non ha realmente avviato un processo di cambio culturale.

Per ottenere un cambiamento permanente è necessario analizzare i fattori sistemici che potrebbero ostacolare tale cambiamento.

Tra i fattori sistemici più rilevanti ci sono:

> Tempo 

> Scambio

> Ruolo / Posto

Il Tempo indica la presenza di elementi del sistema che vanno riconosciuti. Anzianità di grado, esperienza, tempo investito nel lavoro e così via.

Esempi di frasi connesse a questo fattore: “Sono anni che faccio questo lavoro, non mi servono le tue indicazioni” “Ho una grande esperienza, io so come lavorare in sicurezza”

Lo Scambio indica invece la necessità di equilibrio tra dare e ricevere: tra capi e sottoposti, tra datore di lavoro e collaboratori, tra clienti e fornitori etc.

Quando nascono problemi su questo fattore potresti ascoltare frasi come “Non ho il giusto riconoscimento per il mio lavoro” “Ho dato molto ma non è tornato nulla”. 

Il Ruolo o Posto occupato nel sistema è fondamentale affinché gli elementi siano collocati correttamente. 

Si hanno problemi su questo fattore quando le responsabilità vengono fatte calare dall’alto o quando qualcuno soffre una posizione occupata all’interno dell’organizzazione. “Sto male in questo nuovo ruolo di Preposto” “Non mi hanno aiutato a ottenere la Leadership necessaria”

Per poter realizzare un cambiamento solido e duraturo dal punto di vista Culturale è indispensabile osservare correttamente un Sistema nel suo insieme, su tutti i livelli.

Il tuo compito come Professionista della Sicurezza non è fare il poliziotto. La politica della paura ha efficacia solo nel breve termine.

Il salto di livello nel lungo termine si ottiene solo influenzando le Convinzioni profonde dei lavoratori e rinforzando i Comportamenti sicuri agendo in una logica Sistemica.

Il nostro Metodo Safety Coaching nasce con lo scopo di facilitare il tuo lavoro e aiutarti a coinvolgere il cuore e la coscienza di tutti i lavoratori e della dirigenza.

Cultura della Sicurezza e il Fenomeno Hooligans

Nella civile, avanzata, moderna Lombardia, quest’anno si è registrato un incremento del 61% delle cosiddette “morti bianche”, gli infortuni sul lavoro con esito mortale, con un bilancio di ben 58 decessi dall’inizio dell’anno nella sola regione.

Non è solo “sfortuna” o “fatalità”, lo sappiamo bene.

Si tratta di norme da seguire, controlli da rafforzare, formazione da erogare. Ma, soprattutto, si tratta di creare una cultura della sicurezza condivisa. Solo così si può invertire un trend tragico.

Immagino che tu abbia già sentito parlare dei tristemente noti hooligans. Non certo dei gentlemen britannici, e neppure semplici tifosi appassionati della propria squadra. Fin dagli anni ’60, si sono caratterizzati più come dei teppisti organizzati in gang, con una notevole propensione alla violenza gratuita.

Dagli anni ’70 in avanti sono stati numerosi i casi di accoltellamenti e le morti di tifosi. In Italia ha avuto molta eco la strage dell’Heysel: in occasione della finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool persero la vita 39 tifosi, la maggior parte italiani. Il tragico culmine si registra il 15 aprile dell’89, quando 96 tifosi del Liverpool muoiono schiacciati dalla calca durante una partita. È l’ennesimo campanello d’allarme, e lo Stato non può più fare finta di niente.

I provvedimenti presi dal governo e da Margaret Thatcher, all’epoca Primo Ministro, furono molteplici. Interventi repressivi, miglioramento degli stadi, ma soprattutto un cambio di prospettiva epocale: responsabilità condivisa dallo Stato alle società sportive.

I club vennero responsabilizzati, chiedendo a loro di vigilare sulla sicurezza degli stadi con personale interno, non appoggiandosi solo alla polizia, un ente esterno da sempre visto come “nemico”. Questo passaggio è stato di cruciale importanza per cambiare la mentalità dei tifosi, costruendo una mentalità condivisa di sport sano, capace di “espellere” autonomamente le frange più volente ed estremiste.

In pochi anni, grazie alla combinazione di manovre di diverso tipo, repressive ed educative, è stato possibile cambiare la cultura del tifo inglese. Questo aspetto è di fondamentale importanza.

Infatti, l’uomo è un animale sociale ed è fortemente influenzato dal contesto in cui si trova, dalla cultura che permea l’ambiente intorno a lui.

A tal proposito, mi piace ricordare la teoria delle finestre rotte, così definita negli anni ’80 dal sociologo James Q. Wilson e dal criminologo George L. Kelling.

I due studiosi rispolverarono un esperimento sociale condotto nel 1969 da Philip Zimbardo.

Lo psicologo abbandonò per strada due automobili: una nel malfamato quartiere del Bronx e l’altra nella ricca Palo Alto, in California. Come era forse prevedibile la vettura a Palo Alto non venne toccata, quella nel Bronx fu invece saccheggiata e danneggiata.

Ma poi Zimbardo, a distanza di qualche settimana, tentò una variante: ruppe il finestrino di una seconda auto parcheggiata sempre in California. Questo cambiò le cose: la nuova condizione portò la macchina posteggiata nei quartieri altolocati a ricevere lo stesso trattamento di quella del Bronx. Bastò un solo finestrino rotto.

Molti dei saccheggiatori non erano criminali o persone disagiate, ma avevano l’aspetto di persone comunissime. Lo psicologo giunse pertanto alla conclusione che il finestrino rotto è un segnale di abbandono della zona, che fa scattare un meccanismo mentale di noncuranza e ribellione alle regole sociali.

In un certo senso se l’ambiente intorno a noi manifesta scarso rispetto delle norme civili, ci sentiamo autorizzati a compiere atti vandalici in misura sempre maggiore.

Ed ecco dunque tornare il tema del condizionamento culturale. Come esseri sociali tendiamo a uniformare il nostro comportamento a quello delle persone intorno a noi.

Anche nella Sicurezza sul Lavoro, se nell’ambiente intorno a noi “si chiude un occhio” sulle piccole disattenzioni, l’atteggiamento dei più tenderà verso un pericoloso e progressivo abbandono delle regole stabilite.

Ricorda: la Teoria delle finestre rotte ci insegna che un ambiente rigido, che stronca sul nascere i piccoli comportamenti scorretti, è vincente nel costruire una solida Cultura della Sicurezza.

Solo con vigilanza costante, attenzione e molta dedizione si possono costruire le fondamenta di un’azienda sicura.

Costruire Comportamenti Sicuri: conosci la Smoking Room?

Ricomincia la scuola e ormai non ci sono più scuse: i compiti delle vacanze devono essere consegnati! Per chi ha figli in età scolare, i compiti sono l’incubo dell’estate, peggio di una settimana di pioggia al mare.

“Cosa posso fare per motivare mio figlio a studiare?” 

I genitori si dividono in due scuole di pensiero: quelli che scelgono la motivazione estrinseca, anche detta “bastone e carota”, mettendo in punizione i bimbi riottosi o premiandoli quando si applicano, e quelli che invece tentano la via della motivazione intrinseca, provando a rendere i compiti divertenti o stimolando i figli ad appassionarsi alla materia.

Beh se motivare i propri figli a studiare è complicato, figuriamoci coinvolgere alla Sicurezza intere squadre di lavoratori o gruppi dirigenziali noncuranti degli obblighi o dei rischi presenti in azienda.

Nell’una o nell’altra condizione non vi è alcuna differenza. Quando si tratta di Motivazione umana non ci sono settori differenti, nicchie diverse, mentalità alternative o persone più complesse.

Le regole da padroneggiare sono quelle universali, valide sempre e in qualunque contesto professionale o personale.

Esiste una regola in particolare, che ritengo assolutamente indispensabile e fondamentale per chiunque voglia avere successo all’interno del suo contesto lavorativo.

Ognuno di noi ha bisogno di sentirsi parte di una comunità, di essere accettati dal proprio gruppo di pari, e per esserne parte siamo disposti a modificare spontaneamente il nostro comportamento.

Il professor Gregory Walton dell’Università di Stanford ha condotto esperimenti sul gruppo dei pari. Uno dei più celebri è quello della “smoking room”.

Un soggetto veniva fatto accomodare in una sala dove a un certo punto veniva simulato un principio di incendio, facendo entrare del fumo da una bocchetta di aerazione. Se il soggetto si trovava da solo nella stanza, generalmente entrava subito in allarme e chiamava aiuto. Se le altre persone presenti in sala (ovviamente complici dell’esperimento) restavano inerti, anche lui tendeva a non reagire.

Ricorda: ciò che fanno le persone intorno a noi ci influenza. Questa influenza aumenta all’aumentare del livello di relazione (hai mai fatto qualcosa di stupido solo per compiacere un amico?)

Dunque, per stimolare un approccio proattivo alla sicurezza è fondamentale lavorare sulla relazione con gli altri. Ad esempio, individuando in un gruppo i leader naturali e coinvolgendoli per dare l’esempio sui comportamenti corretti.

Se loro sceglieranno di compiere l’azione “giusta” è probabile che anche gli altri soggetti li seguano, modificando spontaneamente il loro comportamento.

Ma cosa significa lavorare sulla relazione?

Non ti sto invitando a diventare l’amicone di tutti. Lavorare sulle relazioni vuol dire avere la capacità di entrare in sintonia con gli altri, influenzandone convinzioni e comportamenti.

Nel metodo Safety Coaching questa influenza si ottiene mediante conversazioni strategiche messe in atto dal Safety Coach a tutti i livelli aziendali.

Ogni conversazione, per essere efficace, dovrebbe condurre a 5 risultati:

  • Aumento della Relazione
  • Rinforzo dei comportamenti sicuri
  • Creazione di autonomia
  • Generare consapevolezza sui Rischi
  • Rinforzo delle convinzioni di Sicurezza e modifica dei comportamenti

Allenarsi a conversare strategicamente è indispensabile per motivare alla sicurezza e trasformare il livello di coinvolgimento e proattività del personale aziendale.

Il Super DPI che tutti dovrebbero indossare

Tra le sfide che compongono l’attività giornaliera di un professionista della Sicurezza, spicca il difficile compito di promuovere i comportamenti sicuri nei lavoratori.

Sono proprio questi ultimi a essere maggiormente esposti ai rischi derivanti dalle attività quotidiane ed è dunque fondamentale occuparsi di fornire i DPI prescritti, di sensibilizzare attraverso la formazione e di vigilare costantemente sul personale aziendale.

Le abitudini si sa, sono dure a morire. Ecco allora che i ben noti “Ho sempre fatto così” “A me non è mai successo niente” o peggio ancora i “Vuoi venirmi a insegnare come lavorare” sono sempre in agguato.

A che serve allora investire migliaia di euro nel più evoluto paio di guanti anti taglio? O perché prendersi la briga di installare macchinari costosi quando poi verranno bypassati manualmente i sistemi di sicurezza?

Quello che ancora in pochi hanno capito è che esiste un unico, insuperabile, fantasmagorico DPI che tutti i lavoratori dovrebbero indossare: il Cervello.

È possibile identificare le cause degli infortuni sul lavoro secondo tre ordini di fattori: Fattori tecnici, Fattori accidentali, Fattori umani.

Il fattore umano occupa una posizione di preminenza su tutti gli altri. Secondo i dati INAIL due infortuni su tre sono dovuti a comportamenti insicuri o disattenzione.

A che serve allora ostinarsi a emettere sul mercato attestati copia-incolla giusto per sistemare le scartoffie burocratiche? A che serve comprare DPI se poi non si riesce a trasmettere davvero la cultura della prevenzione?

Ogni professionista della Sicurezza che si rispetti ha un compito estremamente preciso: entrare in profondità nella mente delle persone per trasmettere il valore della Cultura della Sicurezza.

“Vergonniaahhh ma io non voglio manipolareh gli altriiih!!”

Ho una brutta notizia. Entrare nella mente non vuol dire manipolare anzi, è tutto l’opposto.

Essere un Professionista della Sicurezza con gli attributi vuol dire creare empatia, condividere le informazioni importanti allenando l’attenzione e stimolando la curiosità degli altri.

Ogni interazione sulla sicurezza con i lavoratori dovrebbe infatti portare almeno 3 obiettivi fondamentali.

Il primo grande obiettivo è quello di rafforzare il legame con la persona. Ti ripeterò questo concetto fino alla nausea: se ti percepiscono come il rompiscatole della Sicurezzale tue chances di migliorare le performance crolleranno drasticamente.

Il secondo obiettivo è di lasciare autonomia alla persona, facendo in modo che possa allenarsi a riflettere (usare il Cervello per l’appunto) sui potenziali rischi del suo lavoro. Non dovresti mai desiderare un esercito di burattini ai tuoi comandi, tutto l’opposto! Il tuo compito è far comprendere davvero ciò che vuoi condividere.

Il terzo obiettivo è modificare le convinzioni dei tuoi interlocutori, passare da “Non mi è mai successo niente” al più utile “Finora sono stato fortunato ma devo sempre prestare attenzione”.

Ricorda: il dialogo interiore del tuo interlocutore (leggasi pensiero) è il più potente alleato nella prevenzione degli infortuni.

Oggi più che mai è fondamentale che il mondo del lavoro possa contare su professionisti audaci, caparbi e che abbiano voglia di fare davvero la differenza.