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Formazione: Sfrutti l’Effetto Mucca Pazza?

Conosci l’effetto Mucca Pazza?

Si tratta di un bias cognitivo, coniato dal filosofo ed economista italiano Matteo Motterlini, nel suo libro Trappole Mentali.

In sostanza, è la tendenza a ricordare con più facilità un evento dal forte impatto emotivo, rispetto a dati e statistiche.

Per comprenderlo meglio, ti riporto 2 esempi tratti dal libro di Motterlini.

Il primo riguarda la Guerra del Vietnam, un conflitto sanguinoso che causò la morte di quasi 55 mila soldati statunitensi.

Le notizie e le immagini brutali della guerra sconvolsero talmente tanto l’opinione pubblica che sollevarono un’ondata di sdegno e proteste senza precedenti.

Nello stesso periodo però, sempre in America, oltre 100mila persone si tolsero la vita inspiegabilmente.

Statistiche alla mano parliamo di quasi 2 volte il numero di morti. Eppure, nell’opinione pubblica, l’impatto emotivo di questa tragedia sociale fu minore. 

Passiamo al secondo esempio.

Siamo nel 1996 e dalla Gran Bretagna arriva una notizia sconcertante.

Dieci persone muoiono per encefalopatia spongiforme bovina (BSE), una malattia cronica e degenerativa che colpisce i bovini ma è trasmissibile anche all’uomo.

La notizia fa il giro di mezza Europa e scatena una vera e propria ondata di paura tra la popolazione, che durerà per anni.

In Italia, dove ci fu un solo caso, si sospese l’importazione di carne da tutta Europa e i mass media misero in atto una pesante campagna della paura intorno alla carne bovina.

Nonostante il panico però, i morti accertati furono poco più di un centinaio in tutto il mondo…

Ora, la domanda è: 

Perché alcune notizie generano panico e paura tra le persone e altre no?

Perché ad esempio in Italia non c’è la stessa ondata di sdegno per le morti sul lavoro quando, solo nei primi 8 mesi di quest’anno, si sono verificati circa 800 incidenti mortali?

La spiegazione è semplice.

Più un evento ci colpisce emotivamente più riesce a far breccia nel cuore e nella mente delle persone, facilitandone il ricordo.

“Momento Matteo… Che c’azzecca tutto questo con il mio lavoro quotidiano?”

Quello che voglio condividere con te oggi è che puoi sfruttare questo bias cognitivo a tuo vantaggio quando fai formazione alla sicurezza.

Se sei un consulente o un responsabile del Safety, sai benissimo che la formazione riveste un ruolo chiave nello stimolare i lavoratori a modificare i propri comportamenti.

Sai anche però che la sicurezza è una materia fatta di norme e regolamenti complicati, difficili da trasmettere.

Il vero guaio è che molti formatori non fanno nulla per facilitare le cose e rendere i momenti d’aula più coinvolgenti.

L’abitudine tipica è di entrare in aula e parlare per qualche ora, proiettando una serie infinita di slide con sigle, norme e regolamenti.

Risultato?

Facce annoiate e zero interesse da parte dei lavoratori.

Quello che invece dovresti fare per coinvolgere i lavoratori, non è tanto concentrarti su dati e statistiche, bensì sfruttare appunto l’effetto Mucca Pazza per rendere la formazione più coinvolgente.

Attenzione: non mi riferisco ai classici e scontati video shock che, per carità, hanno sicuramente rilevanza.. 

Parlo proprio dell’esperienza formativa nel suo insieme, che deve diventare un momento indimenticabile e profondo.

Mi riferisco in particolare a tante accortezze che puoi mettere in campo. Ad esempio:

  • Alimentare dibattiti costruttivi utili a raccogliere ragionamenti e idee da parte del gruppo;
  • Ideare esperienze pratiche e giochi d’aula per stimolare la proattività;
  • Creare gruppi di lavoro per invitare le persone a ricercare in autonomia le migliori soluzioni da attuare;
  • Far vivere esperienze didattiche concrete, dinamiche e calate nel contesto di lavoro;
  • Lavorare sull’ambiente per rendere interattivo e sinergico lo scambio (fai ancora formazione seduto alla scrivania???);
  • Ridurre all’osso i concetti teorici e stimolare con tante domande i discenti;
  • Utilizzare pennarelli, Post-It, Cartelloni e altro materiale “da gioco” per fissare i concetti più rilevanti;

In pratica, per catturare l’attenzione dei lavoratori e motivarli, devi trasformare l’ordinario in straordinario.

La tua Azienda è Antifragile?

Negli ultimi vent’anni si sono verificati eventi imprevedibili che hanno portato a conseguenze spesso disastrose. 

Pensa ad esempio alla crisi del mercato immobiliare nel 2008, dove l’infallibile mattone è crollato come un castello di carte lasciando sul lastrico milioni di persone…

Oppure alla più recente pandemia che ha fatto colare a picco le economie di mezzo mondo e ha cambiato per sempre le nostre vite.

Si tratta di eventi fuori dal comune, quasi impossibili da prevedere e che spesso non siamo pronti ad affrontare con lucidità.

Se ci pensi è un po’ come quando si verifica un infortunio in azienda.

Un evento imprevedibile, dovuto magari a una distrazione o a un errore nel seguire le procedure di sicurezza, che può portare a terribili conseguenze sia per il lavoratore sia per l’azienda.

Secondo Nassim Nicholas Taleb, saggista e matematico libanese, è impossibile prevedere questa tipologia di eventi ed è altresì inutile impiegare tempo e risorse per tentare di anticiparli.

È molto meglio convogliare le energie per costruire dei sistemi adatti ad affrontare tali crisi e, addirittura, a rafforzarsi usando la crisi stessa.

Nel suo libro Antifragile – Prosperare nel disordine, Nassim introduce il suo illuminante concetto chiamato antifragilità.

In soldoni è l’opposto esatto della fragilità e denota la capacità di un sistema di cambiare e migliorare a fronte di fattori di stress esterni, al fine di adattarsi anziché proteggersi.

Un sistema antifragile abbraccia l’imprevisto e l’incertezza, e ne assume positivamente il rischio per migliorare.

Per comprendere meglio questo concetto, ti riporto l’esempio usato dallo stesso Taleb nel suo libro, riguardante il mito dell’Idra di Lerna.

Si tratta di una creatura della mitologia greca simile a un serpente acquatico con più teste.

Ogni volta che le veniva mozzata una testa, ne spuntavano altre 2 anziché una.

L’Idra quindi, secondo Taleb, è una creatura antifragile che ama il danno e ne trova giovamento.

“Bene Matteo, ma qui di solito parliamo di sicurezza sul lavoro o sbaglio?”

Certo, ma prova a pensare a questo possibile scenario…

Supponiamo il caso che la tua azienda sia in regola dal punto di vista della Sicurezza.

Fai spesso riunioni di formazione, in azienda ci sono tutte le procedure e i DPI necessari, i lavoratori sono preparati e tutti i macchinari sono a norma.

Un giorno però si verifica un infortunio inaspettato.

Ecco che questo evento imprevedibile innesca una crisi che si ripercuote sia sulla sfera emotiva che razionale del gruppo di lavoro.

I dipendenti, l’alta dirigenza, il datore di lavoro, il team Safety e tutti gli attori coinvolti nell’episodio iniziano ad avvertire un senso di incertezza e di sfiducia nel presente tipico delle crisi improvvise.

Eppure abbiamo sempre fatto tutto con la massima attenzione..

Ora potrai anche passare a fare gli scongiuri come nella migliore tradizione italiana, ma il punto fondamentale è un altro:

Uno degli obiettivi di un Safety Coach è quello di costruire un sistema di sicurezza che sia in grado di reagire agli imprevisti e rafforzarsi. Esattamente come l’Idra di Lerna.

“Ok Matteo ma come si crea un sistema di Sicurezza Antifragile?”

Voglio condividere 3 pilastri presi dal Manifesto Antifragile che puoi utilizzare come fonte d’ispirazione e adattarli al tuo lavoro quotidiano.

1- Accogliere l’incertezza

Un sistema antifragile non lavora per debellare l’incertezza, ma l’accoglie, per non spingere le persone ad avere l’illusione di prevedere il futuro.

Se ci pensi questo è anche uno dei bias tipici dei lavoratori, quando giustificano un comportamento sbagliato con le solite frasi 

“Ho tutto sotto controllo!”

“Sono anni che faccio questo lavoro e non mi sono mai infortunato..”

Un sistema di sicurezza antifragile deve preparare i lavoratori a pensare che l’infortunio è sempre dietro l’angolo e, di conseguenza, adottare comportamenti flessibili e a massimizzare una risposta adattiva.

2- Autonomia

Proteggere e guidare il tuo team è importante.

Ma quando la cosa diventa eccessiva e non lasci liberi i lavoratori di compiere decisioni consapevoli, il sistema diventa fragile.

Significa che quando si verifica una situazione “differente”, non sanno come reagire al di fuori della tua ombra.

Ecco perché è importante lasciare il giusto spazio di apprendimento alle persone, stimolandole a riconoscere i rischi (e a trovare soluzioni) in autonomia.

3- Promuovere una cultura della collaborazione

Un sistema di sicurezza antifragile è composto da un team di persone con gli stessi valori, credenze e sempre pronte ad aiutarsi l’uno con l’altro.

Non esistono lupi solitari ma un gruppo che lavora fianco a fianco con un unico obiettivo.

Per fare questo però, è necessario creare di tanto in tanto dei momenti di condivisione all’interno dell’azienda, utili a far fluire idee, riflessioni e spunti per migliorare.

Hai mai organizzato delle tavole rotonde di confronto o di semplice dibattito intorno a temi specifici?

Hai mai creato dei punti di raccolta feedback negli spazi comuni?

Ti fermi di tanto in tanto ad ascoltare ogni attore coinvolto e i suoi bisogni?

Bene, per oggi ho finito!

Prima di salutarti, voglio lasciarti con una massima di Taleb:

“Se volete farvi un’idea della personalità, della morale e dell’eleganza di un amico, dovete osservarlo mentre affronta circostanze difficili, non nella realtà rosea della vita di tutti i giorni.”

Nicholas Taleb

Riflettici su!

Ruberesti la Gioconda?

Conosci la vicenda del furto della Gioconda?

Si tratta di uno dei più incredibili accadimenti nella storia dell’arte.

L’autore del furto fu un italiano di nome Vincenzo Peruggia che all’epoca lavorava in una ditta di pulizie al Louvre di Parigi.

Ogni giorno, questo Lupin de noantri, si trovava a spolverare opere di valore inestimabile, tra cui il famoso dipinto di Leonardo da Vinci.

La mattina del 21 agosto 1911 Peruggia entrò di soppiatto dall’ingresso, staccò il quadro dal muro e se lo portò a casa, coprendolo semplicemente con la sua giacca!

Quando venne dato l’allarme, ovviamente, la notizia fece presto il giro del mondo.

Chi mai avrebbe osato trafugare uno dei quadri più apprezzati al mondo?

La gendarmeria avviò le indagini interrogando e perquisendo tutti gli operai, compreso Vincenzo.

Pensa che tra i tanti indiziati ci furono anche nomi illustri come Pablo Picasso e Guillaume Apollinaire, i quali finirono dietro le sbarre per diversi giorni.

La cosa più assurda è che le forze dell’ordine perquisirono anche la dimora di Peruggia (dove era nascosto il quadro)… non trovando però nulla.

Per ben 2 anni l’opera rimase nell’abitazione del nostro compatriota mentre le indagini brancolavano ormai nel buio.

Ma la cosa più folle di questa storia è questa: sai cosa spinse questa persona a compiere un gesto così folle?

Denaro?

Gloria eterna?

No, niente di tutto ciò. Solo puro patriottismo e un po’ d’astio verso i francesi.

Devi sapere, infatti, che all’epoca si pensava che il famoso dipinto fosse stato rubato da Napoleone Bonaparte durante la campagna d’Italia (cosa non vera, poiché la Gioconda era stata portata in Francia secoli prima, proprio da Leonardo e venduta in seguito al Re Federico I)

Tuttavia Peruggia lesse del furto di Napoleone in un volantino trovato al museo e proprio non riusciva a sopportarlo.

Voleva riportare a casa la Gioconda, e alla fine ci riuscì!

Accadde successivamente che un noto collezionista d’arte fiorentino organizzò una mostra nella sua galleria.

Peruggia lo contattò, sotto falso nome, e si diresse in Italia portando con sé l’opera, convinto di essere nel giusto e di essere quindi celebrato come un eroe di ritorno dalla guerra. 

Beh le cose non andarono però secondo i suoi piani..

Fu arrestato poco dopo l’arrivo dai carabinieri e finì in carcere per diversi mesi.

Un finale tragicomico direi…

“Bella storia Matteo ma che c’azzecca con la Sicurezza sul Lavoro?”

Ora ci arrivo.

Ho voluto raccontarti questa vicenda, per ricordarti quanto siano potenti gli ideali. 

Come diceva il filantropo Albert Schweitzer

“Gli ideali sono un po’ come le stelle per i marinai, ci guidano nella notte più buia e ci indicano la via da seguire.”

Possono spingere le persone a compiere gesti estremi e straordinari.

Vincenzo Peruggia ad esempio ha rischiato tutto, mosso e ispirato da questa grande forza patriottica e nazionalista.

Ora, pensa un attimo al mondo della Sicurezza.

Questa nobile materia viene spesso mal digerita dai lavoratori perché percepita come una gran perdita di tempo e come una seccatura.

Per non parlare poi dell’alta dirigenza, a cui interessa solamente il pezzo di carta perché “così sono in regolaah!1!!”.

In questo scenario tanto deleterio abbiamo due modi opposti di agire: da una parte c’è chi fa sicurezza limitandosi a fare il compitino, tra scartoffie e documenti da compilare.

Dall’altra ci sono invece i Professionisti del Safety che offrono qualcosa in più.

Essi guidano i lavoratori verso un vero cambiamento culturale, stimolandoli a pensare alla sicurezza non come un mero obbligo, ma come un più alto agire morale verso i propri affetti, l’azienda e il lavoro stesso.

Sono in grado di ispirare le persone e andare oltre al semplice “mettiti il caschetto che ti proteggi”

Capisci cosa intendo?

Bene.

A tal proposito, questa settimana ti chiedo un favore.

Prenditi qualche minuto per riflettere sul vero senso che dai al tuo lavoro e sull’importanza di quello che fai ogni giorno. 

Ad esempio:

  • Quando lavori nella tua azienda riesci a trasmettere un messaggio che va al di là dei comportamenti che vuoi che ottenere dalle persone?
  • Fai qualcosa per ispirare le persone verso un valore più alto?
  • Riesci a ricordare a te stesso il profondo perché del tuo lavoro?
  • Hai uno scopo elevato che ti guida a dare il meglio di te in ogni occasione?

Pensaci su. Perché (forse), il vero cambiamento dei comportamenti, passa attraverso i nostri ideali.

Stai offrendo ai lavoratori le giuste opportunità?

Oggi voglio iniziare con una domandina facile facile…

Talento e forza di volontà sono l’unica via per raggiungere traguardi ambiziosi?

Spesso siamo abituati a leggere le storie di personaggi famosi che, partendo da zero e lottando contro tutto e tutti, sono arrivati al successo grazie alle proprie forze.

Ma è davvero sempre così?

Per rispondere a questa domanda, ti voglio raccontare di uno studio sull’Hockey Canadese, realizzato dallo psicologo canadese Roger Barnsley.

Questo studio è riportato anche nel libro Fuoriclasse di Malcolm Gladwell, giornalista e sociologo canadese.

In pratica, mentre Roger assisteva a una partita di hockey nella Major Junior A (la massima competizione canadese), sua moglie si accorse di un fatto bizzarro.

La stragrande maggioranza dei giocatori in campo era nata nei primi mesi dell’anno.

Semplice casualità?

A quanto pare no.

Andando a fondo della questione, Roger notò che la quantità di giocatori nati nei mesi di gennaio, febbraio e marzo, superava di gran lunga quelli nati nei successivi mesi dell’anno.

Com’era possibile tutto ciò?

Devi sapere che in Canada, migliaia di bambini iniziano a praticare Hockey già in tenera età. Accade così che bambini nati il 1 gennaio potrebbero competere con bambini nati a dicembre dello stesso anno, cioè 12 mesi dopo.

In giovanissima età questo si traduce in un enorme vantaggio, in termini di maturità fisica e mentale.

Ecco dunque che, chi nasce nei primi mesi dell’anno, ha maggiori chances di venire “selezionato” dai migliori Club rispetto al resto dei bambini.

E cosa accade ai bambini “fortunati” che vengono opzionati dai club migliori?

E’ presto detto:

Iniziano da subito a godere di allenamenti eccellenti, entrano in contatto con compagni di squadra più forti e giocano dalle cinquanta alle settanta partite a stagione, contro le venti di chi rimane a giocare in squadre locali.

In pratica significa avere maggiori possibilità di realizzare il sogno di diventare una stella dell’Hockey su ghiaccio.

“Ok Matteo ma non ho ancora capito dove vuoi arrivare…”

Mi spiego..

Gladwell nel suo libro vuole mettere in evidenza che se le persone vengono messe nelle condizioni idonee, hanno molte più occasioni (e stimoli) per raggiungere grandi risultati.

Ed io condivido appieno questa teoria, con buona pace delle filosofie motivazionali “credici forte forte forte”..

Pensa al nostro amato mondo della sicurezza sul lavoro…

Molti consulenti o responsabili si aspettano che i lavoratori si interessino alla sicurezza e, in autonomia, inizino ad attuare comportamenti più funzionali.

Cosa che puntualmente non avviene.

Ecco che allora i lavoratori diventano tutti “capoccioni e menefreghisti”, non ascoltano, fanno di testa loro, ecc…

Ma tu, in qualità di professionista del Safety, stai facendo tutto il possibile per metterli nelle giuste condizioni per lavorare in sicurezza?

Gli stai dando le giuste opportunità affinché abbiano le informazioni migliori con una comunicazione chiara ed efficace?

La tua azienda si sta adoperando per generare eccezionali condizioni ambientali che favoriscano la motivazione e i comportamenti corretti?

Se vuoi stimolare un cambiamento culturale non puoi fare affidamento solo sul talento individuale.

Devi fornire ai lavoratori le migliori opportunità di crescita, affinché il talento possa emergere anche nelle persone apparentemente meno inclini al rispetto delle regole.

Voglio lasciarti alcuni spunti per riflettere sul concetto di opportunità e crescita:

1- Stai dando a tutti i lavoratori le stesse opportunità di crescita?
2- Ti sei convinto che qualcuno del tuo team sia proprio irrecuperabile?
3- Hai qualche “cocchetto” o qualche persona prediletta?
4- State lavorando sinergicamente sull’ambiente di lavoro?
5- State offrendo un contesto stimolante e motivante?
6- Ci sono routine di allenamenti efficaci e riconoscibili?
7- Ci sono degli ostacoli mentali che stai auto-generando nel cambiamento culturale all’interno dell’organizzazione?

Motivazione Safety: 5 tecniche per non perderla

Fare sicurezza, come dico sempre, è un mestiere nobile ma ricco di insidie.

Tra lavoratori che associano il Safety a una serie di azioni inutili e la dirigenza che se ne lava le mani, spesso raggiungere i propri obiettivi di sicurezza diventa una vera e propria impresa.

Una sfida che può portarti nel tempo a demotivarti e ad allinearti alla massa di pseudo professionisti compilascartoffie, i quali si limitano a fare solo il minimo necessario.

Più volte in passato mi è capitato di parlare con consulenti o responsabili della sicurezza, delusi e afflitti perché non riuscivano a farsi ascoltare e a raggiungere i propri obiettivi.

Ecco perché oggi voglio portarti 5 tecniche per aiutarti a mantenere sempre alta la tua motivazione.

Prima però, una piccola premessa…

Se bazzichi un po’ il mondo della crescita personale, almeno una volta avrai sentito parlare di tecniche motivazionali, da quelle più gettonate dai guruh!1!! al banale “sii ottimista e credici forte forte”.

Ma quali di queste sono davvero efficaci?

Per rispondere a questa domanda, ti voglio parlare di un test condotto da Richard Wiseman, docente e ricercatore britannico, tratto dal suo libro “59 secondi – Pensa poco, cambia molto”.

L’esperimento consisteva nel monitorare cinquemila persone sparse in tutto il mondo, alcuni per 6 mesi altri per 1 anno, i quali aspiravano a raggiungere determinati risultati.

Ad esempio: dimagrire, smettere di fumare, intraprendere una nuova carriera lavorativa o conseguire un nuovo titolo di studio.

Alla fine del test dovevano descrivere le tecniche che avevano usato per raggiungere tale obiettivo, ovvero:

Creare un piano efficace suddiviso in piccoli step;
Seguire l’esempio di persone che avevano già conseguito successi simili;
Comunicare agli altri le proprie ambizioni;
Pensare alle cose brutte che potrebbero capitare in caso di fallimento;
Pensare alle cose belle che potrebbero capitare in caso di successo;
Reprimere i pensieri dannosi (ad esempio voglia di fumare o mangiare cibi dolci);
Stabilire delle ricompense in base ai progressi fatti;
Fare affidamento sulla propria forza di volontà;
Annotare da qualche parte i progressi fatti;
Fantasticare su come sarà meravigliosa la propria vita una volta raggiunto l’obiettivo.

Va detto che, alla fine, solo il 10% riuscì nell’intento e raggiunse i risultati prefissati.

Secondo i risultati delle ricerche condotte da Wiseman, solo 5 di queste tecniche in elenco hanno permesso a quel 10% di realizzare le proprie aspirazioni.

Ma quali tecniche allora sono efficaci per raggiungere gli obiettivi?

Vediamole subito:

1-Creare un piano efficace suddiviso in piccoli step

Suddividere l’obiettivo finale in tanti piccoli passimisurabili e con scadenze ben precise– aiuta a creare un processo di cambiamento più graduale e meno radicale nella propria vita.

Se ci pensi un attimo, anche nel Safety è la stessa cosa…

Non puoi pensare di cambiare comportamenti e convinzioni disfunzionali dei lavoratori in una settimana, servono tempo e pazienza.

Datti dei piccoli obiettivi e cerca di misurarli volta per volta. Vedrai che ad ogni risultato ottenuto, tutto il team sarà più motivato a passare al “livello successivo”.

2-Comunicare agli altri le proprie ambizioni

Secondo Wiseman comunicare agli altri le proprie ambizioni aiuta a realizzarle con più facilità e ad evitare di ricadere nelle vecchie abitudini.

Senza contare che amici e colleghi spesso offrono un valido supporto nei momenti più difficili.

Questo è un consiglio che do anche a te: inizia a comunicare il tuo obiettivo a persone a cui dai valore. Saranno tuoi sostenitori e ti aiuteranno a ritrovare la carica nei momenti di sconforto.

Vedrai che col loro supporto, sarà più facile mantenere alta la tua motivazione.

3-Pensare alle cose belle che potrebbero capitare in caso di successo

Un altro modo efficace per raggiungere gli obiettivi è quello di focalizzarsi sugli effetti positivi del successo.

Invece di rimuginare su strategie, tecniche, procedure, DPI e formazione, prova a ritagliarti del tempo domandandoti ad esempio:

Cosa succederebbe in azienda se tutti i lavoratori seguissero comportamenti più virtuosi, da te suggeriti?
Che impatto avrebbe il raggiungimento degli obiettivi sulla vita di tutti?
Come saresti visto dagli altri?
Come ti sentiresti?
Cosa cambierebbe nel tuo ambiente di lavoro?
Che benefici avrebbe la tua carriera?

4-Stabilire ricompense in base ai progressi fatti

Tutti i partecipanti dello studio avevano definito delle gratificazioni a seconda degli step raggiunti nel percorso.

Piccole ricompense (come ad esempio una cena) che aumentavano il senso di soddisfazione.

Anche tu, parallelamente al punto 1, dovresti “premiarti” per ogni piccolo obiettivo di sicurezza raggiunto.

5-Annotare da qualche parte i progressi fatti

Tenere traccia dei miglioramenti è una forte leva motivazionale.

Ti fa capire esattamente dove sei ora, cosa hai fatto e quanto ti manca per arrivare al traguardo.

D’altronde sono anni che ripeto a tutti i nostri studenti:

“Non puoi migliorare ciò che non puoi misurare”

Sei anche tu un Fantozzi della Sicurezza?

Qualche mese fa, moltissime sale cinematografiche italiane hanno aderito all’iniziativa “Maratona Fantozzi”.

Sì, proprio lui, il mitico ragioniere più sfortunato, umiliato e amato da tutta Italia.

L’evento è stato organizzato in occasione del quarto anniversario dalla scomparsa del grande Paolo Villaggio, scrittore, attore e ideatore del personaggio.

Io tra un impegno e l’altro, purtroppo non ho potuto partecipare.

Ma da appassionato quale sono, domenica mi son comunque sparato i primi due capitoli della saga, dal divano di casa, con birra fresca annessa.

D’altronde, oltre ad essere una delle mie saghe cinematografiche preferite, è quel genere di comicità che non passa mai di moda.

Come saprai i film raccontano le disavventure di un uomo vessato dalla società di quel tempo (i primi sono ambientati tra la fine degli anni ‘70 e gli anni ’80) alla continua ricerca del suo riscatto.

Riscatto che puntualmente resta un indefinito miraggio.

Fantozzi quindi rappresenta la mediocrità, un personaggio sopraffatto dagli eventi a cui non reagisce quasi mai, salvo qualche inutile scatto d’ira, che lo porta perfino a peggiorare le condizioni.

Nessuno lo ascolta subendo di continuo maltrattamenti e ingiustizie da parte di tutti. L’unica che lo supporta è la mitica moglie “Pina”, icona cinematografica resa celebre dal suo “Ugo io ti stimo molto”.

Tutta la vicenda fantozziana assume tratti tragicomici, simboli di una società incapace di premiare il merito e di azzerare le disuguaglianze.

Probabilmente hai già capito dove voglio andare a parare…

Eh sì!

Per certi versi, l’atteggiamento di Fantozzi, ricorda quello di tanti responsabili della sicurezza, vittime del loro stesso ruolo.

“Momento Matteo… Mi stai forse paragonando a Fantozzi?”

Non fare subito il permaloso, lasciami spiegare!

Analizzando a fondo la saga cinematografica, puoi riconoscere alcuni tratti tipici dell’atteggiamento fantozziano in ciascuno di noi.

A chi d’altronde non è capitato di soffrire di vittimismo o di tentare una personale rivoluzione contro il sistema senza avere però successo?

O chi non ha vissuto almeno un’esperienza frustrante con colleghi e superiori menefreghisti?

Oggi voglio raccontarti allora i 4 sintomi tipici dell’atteggiamento fantozziano.. Vediamoli insieme…

⭕ Sintomo #1 Scartoffie a non finire

Il primo sintomo è la passione per le scartoffie…

Proprio come Fantozzi lavorava in un sottoscala isolato da tutti con la scrivania piena di scartoffie, il professionista della Sicurezza “medio” passa le sue giornate chiuso in ufficio tra adempimenti e burocrazia.

Anziché occuparsi anche delle relazioni, delle visite sul campo, della creazione di attenzione, si limita a fare il suo compitino, riducendo la propria professione ad attività di segreteria.

Antidoto: bilancia sempre le attività di back-office con quelle sul campo e ricorda che la vera Sicurezza si fa parlando con le persone!

⭕ Sintomo #2 Nessuno ascolta

Nessuno dà retta o considera Fantozzi.. Finiscono addirittura per storpiare il nome di continuo tra Fantocci, Bambocci o Pupazzi.

E pur alzando la voce e manifestando il suo diritto, le cose non cambiano.

Questo capita anche, purtroppo, quando si parla di Sicurezza in azienda.

Le persone alzano gli occhi al cielo, si distraggono, si dedicano allo smartphone e hanno sempre altro di più importante da fare.

Antidoto: metti sempre in discussione il tuo modello comunicativo. Solo rendendo interessanti, semplici e coinvolgenti i tuoi speech avrai modo di colpire l’interesse degli interlocutori.

⭕ Sintomo #3 Scatti d’ira

Come dicevo prima a volte Fantozzi tentava di ribellarsi al sistema con azioni, per lo più governate dall’ira, che si chiudevano puntualmente in un nulla di fatto.

La corazzata Potemkin ti ricorda nulla? 🙂

Ecco, questo succede anche a quegli addetti alla Sicurezza che, pur di farsi ascoltare dai lavoratori, iniziano ad alzare i toni e a imporre obblighi e limitazioni nella speranza che minacciando le cose cambino.

Purtroppo tutto questo è inutile.

Per cambiare davvero le cose è fondamentale offrire stimoli continui ai lavoratori, incoraggiandoli a trovare in autonomia le migliori soluzioni per lavorare in sicurezza.

Antidoto: invece di cercare di controllare le persone, come fossero marionette, inizia a incoraggiarle, ad ascoltarle e a creare relazioni forti che ti aiutino a far nascere auto-motivazione.

⭕ Sintomo #4 La dirigenza non lo considera

Sire, Sua Maestà, Vostra Eccellenza…

Questi sono alcuni degli appellativi che Fantozzi usa per rivolgersi all’alta dirigenza.

Teme il potere e, reputandosi una nullità, finisce sempre per ossequiare con becero servilismo il mega-direttore-gran-lup-mannar di turno.

Questo succede spesso anche nel rapporto tra Responsabile della Sicurezza e Dirigenza/Datori di Lavoro.

Antidoto: ricorda che per parlare a un Leader devi porti da Leader. Finchè non inizierai a credere nel tuo valore e a riconoscerlo, gli altri ti tratteranno con superficialità e senza rispetto.

Ora, questi sono i 4 sintomi tipici del responsabile fantozziano della sicurezza.

Siamo proprio sicuri che chi fa Sicurezza meriti questo trattamento? Sono certo che io e te conosciamo la risposta.

Da anni, con la Safety Coach Federation, promuoviamo un cambiamento che parta soprattutto dal valore umano.

Non si può fare Sicurezza nelle aziende senza le persone. Noi crediamo proprio che, attraverso il valore umano, si possa cambiare davvero la Cultura della Prevenzione nel nostro paese.

Formazione Sicurezza: la tecnica 4Mat

Se sei un consulente o responsabile della sicurezza, sai meglio di me quanto sia difficile coinvolgere i lavoratori durante i momenti di formazione interna.

Sia perché la sicurezza viene spesso percepita dai lavoratori come una serie di obblighi da rispettare sia perché, di per sé, è una materia fatta di norme e regolamenti complicati.

Per questo, oggi voglio condividere con te una tecnica di apprendimento chiamata 4Mat, per rendere la tua comunicazione più semplice ed efficace.

Prima di parlarti di questo però, facciamo un piccolo passo indietro…

Negli anni settanta, Bernice McCarthy, un’ex maestra elementare, condusse delle specifiche ricerche sui sistemi di apprendimento.

Dagli studi emerse che non tutte le persone apprendono i concetti allo stesso modo.

In particolare, la McCarthy notò che la formazione scolastica classica, orientata principalmente al “Cosa”, cioè alla descrizione di argomenti, fatti e dati oggettivi, non era sufficiente.

Tra i suoi studenti infatti, c’erano bambini che imparavano più facilmente attraverso esempi pratici.

Altri che volevano capire il perché delle cose: le ragioni e le motivazioni.

Altri ancora volevano conoscere le conseguenze future.

Se ci pensi bene, anche quando si tratta di fare formazione sulla sicurezza, accade la stessa cosa…

Infinite riunioni dove il responsabile o il formatore incaricato, illustra
concetti, regole e nozioni di base, limitandosi al “COSA” fare, senza
approfondire più di tanto le altre sfere della curiosità personale.

Ora secondo la McCarthy, serviva un metodo più flessibile che abbracciasse più modi di apprendere.

Così, rifacendosi agli studi sull’apprendimento di David Kolb, un educatore statunitense, delineò un sistema basato su 4 schemi mentali, chiamato appunto 4 Mat, e che rispondeva a 4 domande:

Perché?
Cosa?
Come?
E se?

“Ok Matteo ma come applico questo metodo nelle mie aule?”

Ora te lo spiego…

Nella prima categoria, quella del “Perché?”, le persone apprendono con più facilità quando si cerca di discutere sulle ragioni per compiere determinate azioni.

Ad esempio:
“Perché dovrei attuare comportamenti più virtuosi?”
“Perché dovrei prestare attenzione a questa riunione?”

Vogliono quindi andare a fondo sullo scopo ultimo di quell’incontro. Sono persone mosse dalla risposta alla domanda “perché dovrebbe interessarmi?”

Nella seconda categoria, quella del “Cosa?”, le persone apprendono più facilmente quando ricevono molte informazioni, verbali o scritte.

Questo perché il loro criterio di apprendimento si basa sulla mole di informazioni, dati, numeri e statistiche che metti a disposizione.

Ad esempio:
“Quali funzioni hanno queste normative di sicurezza?”
“Quante ce ne sono e come si chiamano?”

Insomma i classici discenti attenti ai dettagli e al contenuto delle informazioni che condividi. Di solito sono persone pignole e/o che amano prendere appunti e dire la loro.

Come trattarli? Dagli informazioni approfondite al giusto livello di dettaglio, evitando di essere troppo superficiale..

Nella terza categoria di apprendimento, quella del “Come?”, le persone apprendono più facilmente quando metti a disposizione esempi pratici di ciò che spieghi.

Le domande a cui devi rispondere, per questa categoria, sono tutte orientate al capire come funzionano le cose.

Ad esempio:

“Come posso attuare queste procedure nel lavoro quotidiano?”
“Ci sono esercizi pratici per capire meglio i concetti?”

Sono le classiche persone che invece di leggere il libretto delle istruzioni di un elettrodomestico nuovo, si tuffano a smanettare con impazienza.

Ricordati l’importanza delle simulazioni pratiche e delle attività, vedrai che con questo cluster farai bingo!

L’ultima categoria riguarda tutte quelle persone che tendono a comprendere le cose, attraverso l’esplorazione individuale, ovvero prendono in considerazione tutte le conseguenze e i rischi legati a una determinata azione.

Domande del tipo “E se non seguissi questa normativa, che cosa accadrebbe?”.
“Quale altro modo esiste per?” “Cos’altro va considerato?”

Sono le persone che in qualche modo vogliono riflettere le cose non indagate, guardando altro prospettive e comprendendo il quadro generale.

Ricordati di lasciare degli spazi di riflessione e di stretchare ogni possibilità e sarà soddisfatta anche questa tipologia di persone!

Ora, se ti stai chiedendo quali di queste categorie devi usare per coinvolgere il tuo pubblico, la risposta è tutte.

Quando comunichi con i tuoi lavoratori, devi sempre tenere in considerazione che davanti a te, ci sono gruppi eterogenei di persone con stili di apprendimento differenti.

Di conseguenza devi cercare di orientare sempre la tua comunicazione a tutte e 4 le categorie.

Per esperienza, il consiglio che ti do quando devi presenziare a una riunione, è quello di prepararti prima l’argomento che vuoi affrontare, tenendo ben presente queste 4 domande.

Bene, anche per oggi siamo giunti alla fine.

Campioni d’Europa della Sicurezza sul Lavoro

Oggi non posso non dedicare la nostra Newsletter settimanale all’evento sportivo dell’anno: l’Italia è Campione d’Europa!

Dopo un avvincente percorso culminato con la finale di Wembley, torniamo ad alzare la coppa argentata sotto il cielo londinese (con degna rosicata della famiglia Reale).

Non serve essere dei grandi tifosi di calcio per apprezzare il viaggio della nostra nazionale. I ragazzi del CT Mancini hanno fatto proprio un bel lavoro e, comunque la si guardi, quello che conta era portare a casa il bottino.

Ok Matteo, bene, forza Italia e tutto il resto… Ma io sempre di Sicurezza sul Lavoro mi occupo…

Forse anche questa occasione è interessante per imparare qualcosa e, come spesso mi capita, ho voluto cogliere i tratti salienti di un gruppo che ci ha davvero resi orgogliosi.
Spero che le prossime parole ti aiuteranno nell’arduo compito di Motivare e Coinvolgere alla Sicurezza tutte le persone con cui interagisci!

Eccoti 5 lezioni di Crescita Professionale dall’Italia dello sport!

#1 Il gruppo conta più del singolo
La nostra Nazionale, almeno sui rotocalchi, non aveva nomi altisonanti o fuoriclasse alla Maradona, ma su una cosa davvero siamo stati insuperabili: lo spirito di gruppo.
Questa prima lezione è forse la meno scontata, anche per chi si occupa di Sicurezza sul Lavoro.

Spesso il Responsabile del Safety avverte il peso del proprio ruolo con eccessiva tensione, finendo per appesantire il suo bagaglio emotivo con doverizzazioni e quel costante macigno sullo stomaco che mal si addice al lavoro sereno e costruttivo.

La cosa migliore che possiamo fare in ogni azienda è quella di costruire un gruppo di persone orientate verso lo stesso obiettivo.
Certo questo richiede tempo, impegno, fatica e a volte qualche battaglia. Ma come possiamo pensare di fare tutto da soli e di caricarci di responsabilità eccessive senza finire per scoppiare?

Ricorda: tutte le volte che indirizzi i tuoi sforzi verso la costruzione del gruppo ti stai agevolando il percorso.

#2 Non bisogna mai sentirsi arrivati
Al grido festoso di “it’s coming home” gli inglesi, nostri avversari nella finale, hanno di certo preso una grande batosta al proprio ego.
La troppa convinzione di aver già vinto ha probabilmente giocato un brutto scherzo a tutta la compagine inglese, che oltre al danno subisce anche la beffa.

Anche nella prevenzione degli infortuni non si dovrebbe mai cantare vittoria. Le disattenzioni, i comportamenti insicuri, gli incidenti piccoli o gravi sono sempre in agguato e si deve lottare costantemente per sensibilizzare e attivare l’attenzione di tutti.

Ogni giorno dobbiamo rinnovare il nostro entusiasmo e la nostra concentrazione, per coinvolgere e guidare le persone a dare il massimo nella battaglia della prevenzione.

Ricorda: non si può tagliare il traguardo prima di averlo incrociato.

#3 La vittoria si ottiene soffrendo
Alzi la mano chi non ha patito emotivamente i calci di rigore o il possesso palla estenuante degli Spagnoli in semifinale.
Tutte le cose belle della vita (o quasi) si ottengono con sacrificio e duro lavoro.
Anche quando si tratta di Salute e Sicurezza sul Lavoro quella fatica, quella resistenza sociale e quel senso di frustrazione che a volte ci coglie, dovrebbe essere invece uno stimolo a dare ancora di più.

Proprio come una squadra deve saper soffrire e affrontare compatta le difficoltà, così il team safety deve reggere botta ai momenti duri e alla resistenza dei lavoratori più ostinati che non sembrano seguire le direttive.

Ricorda: senza sacrificio non si ottengono risultati.

#4 Dalle macerie si può sempre ricostruire
Qualcuno ricorda il piazzamento della nostra nazionale ai mondiali 2018? Esatto: non qualificati.
Con la Nazionale guidata da Ventura uscimmo arrabbiati e delusi alle qualificazioni in una storica, drammatica pagina dello sport italiano.
Qualcuno ci dava già per spacciati, “altri 10 anni per ricostruire un nuovo ciclo” titolavano i giornali e invece, dopo appena 2 anni di serio lavoro, alziamo la coppa a Wembley.

Tutte le volte che in un’azienda capita qualcosa di brutto o ci troviamo di fronte a una cocente delusione, dobbiamo avere la forza di rialzarci e ricostruire.
Anche nei momenti più bui della nostra vita professionale possiamo trovare la spinta giusta per guardare avanti e settare obiettivi ambiziosi.

Ricorda: quando tutto ti sembra perduto inizia a ricostruire un passo alla volta.

#5 L’importanza di celebrare
Durante i nostri corsi al Safety Coaching insisto spesso su questo punto: l’importanza di celebrare.
Io stesso mi dimentico di festeggiare i risultati raggiunti, ma questo è un grande errore!
Che gusto ci sarebbe a vincere un Campionato Europeo e poi non fare nemmeno un brindisi con i propri compagni?

Dobbiamo imparare a celebrare i nostri traguardi, piccoli o grandi che siano. Ogni risultato, ogni obiettivo raggiunto, ogni progetto completato merita almeno 5 minuti in cui ci complimentiamo con noi stessi e con gli altri per quanto ottenuto.

Ricorda: celebrare è un modo straordinario per dire alla vita che noi siamo pronti a nuove sfide ancora più ardue!

Bene, per oggi finisce questa analisi su alcuni spunti di riflessione dall’Italia campione d’Europa.

Spero che questi 5 passaggi ti aiutino a trovare nuova verve nella tua battaglia quotidiana per promuovere la Cultura della Sicurezza nei Luoghi di Lavoro.