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5 Bufale sulla Motivazione

Matteo quali tecniche o strategie posso utilizzare per motivare le persone?

Uno dei temi più dibattuti durante i miei corsi di formazione riguarda la motivazione.

Ed è normale che sia così.

Se sei un consulente o responsabile della sicurezza, saprai benissimo quanto sia difficile motivare i lavoratori ad attuare comportamenti più virtuosi all’interno dell’azienda.

Il guaio però è che su questo argomento, c’è ancora tantissima confusione.

La colpa è per gran parte dei vari guru della formazione, che vendono la motivazione come una serie di “strategie segrete per manipolare le persone”.

Niente di più falso, ovviamente…

Per questo, oggi, voglio sfatare alcune bufale sulla motivazione e aiutarti a capire cosa fare di efficace, per motivare alla sicurezza tutto il personale, a qualsiasi livello aziendale.

Iniziamo.

Bufala #1
“Ogni persona ha un suo meccanismo di motivazione…”

Secondo la maggior parte dei guru della formazione, ogni persona va motivata in modo diverso.

“Devi trovare la giusta chiave per entrare nella mente delle persone e motivarle…”

No, non funziona così…

Qui l’unico guru (se così possiamo chiamarlo) che devi ascoltare è il filosofo greco Epicuro.

Epicuro più di 2000 anni fa aveva capito che le persone agiscono in base a 2 grandi forze:

Fuga dal dolore e avvicinamento al piacere.

Questo ci indica che tutti noi, agiamo per evitare una situazione spiacevole che potrebbe verificarsi…

Ad esempio: “Indosso i DPI per paura di una sanzione

Oppure per provare una sensazione di piacere

Esempio: “Se indosso i DPI mi sento protetto e in azienda riceverò un feedback positivo del capo

Stop!

Dolore e piacere; tutto si riduce a questi 2 fattori.
Non esistono vie differenti a cui accedere a seconda dell’interlocutore.

Bufala #2
“Le emozioni aiutano nel motivare le persone…”

Più volte nel corso delle nostre newsletter ho parlato del legame tra emozioni e motivazione, portando l’esempio dei classici video shock della sicurezza.

Durante le riunioni aziendali, succede che molti professionisti facciano uso di queste immagini e video scioccanti.

Perché lo fanno?

Per provocare uno stato di paura che possa motivare i lavoratori ad attuare comportamenti diversi.

Il guaio però è che quell’emozione si riduce a uno stato passeggero, come sempre accade con le emozioni.

Sono stati mentali che nascono, muoiono subito e di certo non motivano le persone nel lungo periodo.

Quello che devi fare invece è creare un sentimento positivo e profondo nei confronti della sicurezza.

I sentimenti sono forse più lenti nella loro manifestazione, ma hanno una lunga durata e rappresentano l’insieme dei nostri pensieri e sensazioni profonde.

Bufala #3
“Se vuoi, puoi…”

Qui entriamo in un campo molto pericoloso, quello della pudenza della mente…

Basta “crederci forte forte” e vedrai che le persone come per magia inizieranno a essere più motivate.

Ecco, mi dispiace deludere i fan dei guru d’oltreoceano, ma “crederci forte forte” non basta per motivare le persone.

I lavoratori hanno bisogno di stimoli continui per tenere alta la guardia e far si che siano sempre attenti ai rischi e pericoli.

E uno dei modi migliori per fare questo, è creare un ambiente stimolante attorno al lavoratore che lo inviti a riflettere di continuo.

I balletti motivazionali, le giornate della Sicurezza, le convention con proclami e inni alla salute sono utili solo se si calibra tutto nel contesto e soprattutto se si ricorda che il successo nella prevenzione è l’effetto di tanto duro lavoro fatto con serietà.

Bufala #4
“La motivazione porta ai risultati…”

Qui ci viene in aiuto la scienza comportamentale, che ci ricorda che quando si parla di motivazione, esistono 3 elementi da considerare:

  • Stimoli antecedenti, ovvero tutto ciò che avviene prima di un comportamento;
  • Comportamento;
  • Stimoli conseguenti, cioè quello che si verifica dopo aver concluso il comportamento.

Ora se vogliamo davvero motivare le persone, l’unica cosa efficace che possiamo fare è agire sulle conseguenze.

Come esseri umani reiteriamo un comportamento solo e soltanto quando la conseguenza dello stesso verrà percepita come vantaggiosa.

Sarò motivato a rispettare le regole se, agendo con un comportamento virtuoso, riceverò un qualche genere di rinforzo.

In assenza di conseguenze vantaggiose la motivazione si affievolisce come una candela senza cera.

Ricorda: ciò che accade quando un comportamento si è concluso ci dice molto su ciò che accadrà in futuro.

Bufala #5
“E’ possibile motivare le persone…”

Lo so, sarebbe bellissimo se ci fosse la possibilità di “hackerare” la mente delle persone per fargli fare tutto ciò che vogliamo.

Magari un giorno sarà possibile, chissà…

Per il momento però, c’è una regola immutabile che devi tenere bene a mente (e che non mi stancherò mai di ripetere):

“Le persone agiscono per i loro motivi non per i tuoi”

Questo significa che se vuoi che un lavoratore attui un comportamento sicuro, non puoi distribuire pillole di motivina come fossero coriandoli.

No!

Quello che puoi fare è stimolare la persona ad auto-motivarsi.

In altre parole devi creare un contesto organizzativo all’interno del quale la persona trovi i suoi motivi per fare ciò che gli chiedi.

Bene, anche per oggi siamo giunti alla fine.

Spero di essere riuscito a sfatare alcuni dei miti sulla motivazione che ancora oggi circolano tra i salotti della formazione.

Spero di essere riuscito a motivarti sul fatto che siano cialtronate di cui, soprattutto nella sicurezza sul lavoro, non te ne fai assolutamente nulla 😉

Sicurezza Lavoro: non Esiste Lieto Fine

Conosci il viaggio dell’eroe?

Si tratta di un modello narrativo frutto del lavoro di Christopher Vogler, sceneggiatore statunitense, dove il protagonista della storia, l’eroe appunto, compie un viaggio attraverso una serie di tappe fondamentali.

Per fartela brevissima, le 3 principali sono:

  • Un inizio, dove il protagonista vive la sua vita tranquilla e ordinaria;
  • La chiamata all’azione, dove il protagonista lascia la sua zona di comfort per iniziare un viaggio con mille difficoltà;
  • Un lieto fine, dove l’eroe compie il suo destino e ritorna a casa.

Questa struttura è molto usata nei romanzi, nelle serie tv e nei film.

Pensa ad esempio a saghe cinematografiche come Il Signore degli Anelli, dove i 9 protagonisti partono per un lungo viaggio per distruggere l’anello del potere, un’arma invincibile e pericolosa.

Oppure a Guerre Stellari, dove il giovane Skywalker parte per un viaggio intergalattico nel tentativo di combattere l’impero e scoprire le sue vere radici.

Ora, se ti stai chiedendo perché questa struttura è così utilizzata, il motivo è molto semplice.

Si tratta di una metafora che descrive appieno le esperienze comuni che ogni persona sperimenta nella propria vita.

“Aspetta Matteo mi stai dicendo che avendo scelto questo nobile compito di fare sicurezza, sono anch’io un eroe che sta compiendo il proprio viaggio, giusto?”

Non esattamente, anzi ho una brutta notizia da darti

Anche se il tuo è un mestiere complicato, dove ogni giorno lotti per motivare lavoratori annoiati ad attuare comportamenti più virtuosi e a coinvolgere la dirigenza spesso disinteressata…

Il tuo non è un viaggio dell’eroe perché NON ha un lieto fine.

Mi spiego.

La tua vittoria, ovvero evitare incidenti o infortuni, non è un evento straordinario, un qualcosa che ottieni dopo mille fatiche, ma è la normalità a cui si mira ogni giorno.

Spesso ci si accorge dell’importanza della prevenzione quando si è corso un grosso pericolo o se qualcuno si è fatto male.

Quando un Responsabile della Sicurezza fa bene il suo lavoro, invece, non accade nulla!

Questo, per quanto paradossale, è un concetto con cui convivere:

La mano invisibile della Sicurezza agisce nei comportamenti quotidiani, rendendo fumosa la consapevolezza sui rischi.

Certo, il tuo viaggio sarà comunque faticoso e doloroso, e ogni giorno dovrai affrontare mille difficoltà.

In più non avrai alleati o mentori al tuo fianco (come spesso accade nei film) che ti aiuteranno a creare ambienti più sicuri.

Molto probabilmente ti ritroverai a lottare da solo contro la testardaggine dei lavoratori.

“Azz quindi mi conviene cambiare mestiere?”

No, non ti sto dicendo questo.

Quello che voglio sottolineare è che se vuoi rendere questo viaggio meno complicato, devi avere gli strumenti giusti, le abilità fondamentali che ti aiuteranno a semplificare il tuo nobile ma difficile impegno.

Nel metodo Safety Coaching, ad esempio, abbiamo 8 abilità, suddivise in 3 aree in cui ogni professionista deve eccellere:

  • Comunicare
    La capacità di condividere la sicurezza a tutti i livelli e di trasmettere i rischi all’interno dell’azienda, costruendo nel tempo una relazione di fiducia con le persone
  • Guidare
    Saper creare contesti lavorativi motivanti e ambienti sicuri, attuando sistemi per misurare i progressi dei lavoratori e strategie di rinforzo dei comportamenti corretti.
  • Essere
    Oggi più che mai il mondo della Sicurezza richiede un cambio di mentalità. Non si può certo sperare di cambiare le cose solo con documenti e scartoffie.
    Ecco perché “Essere”. Per fare davvero la differenza devi diventare un punto di riferimento per i lavoratori e ispirare tutta l’organizzazione a un cambio di mentalità.

Ecco allora il Viaggio dell’Eroe nella Sicurezza sul Lavoro:

Un viaggio che non porta a nessun lieto fine, ma che finisce per rendere invisibile l’impegno del suo protagonista.

Dobbiamo imparare a convivere con questa assenza di prospettiva, spostando il focus da un’illusoria ricompensa finale al viaggio stesso che viviamo ogni istante.

Tesori perduti, castelli e baci delle principesse lasciamole ai romanzi d’avventura.

Il vero lieto fine nel Safety è quel piccolo cambiamento quotidiano che protegge la vita delle persone.

La Sicurezza sul Lavoro deve essere..

Conosci Khaby Lame, il giovane influencer Piemontese che in poco tempo è diventato un vero e proprio fenomeno virale?

Con pochi mezzi a disposizione, grazie ai suoi video, il suo profilo è infatti diventato uno dei 10 più seguiti al mondo.

Per darti qualche cifra, su Tik Tok ha superato da un po’ i 100 Milioni di followers mentre su Instagram ne ha circa 45 Milioni.

Numeri incredibili se pensiamo anche alla velocità con cui sono stati raggiunti.

Ma che cosa fa di così speciale Khaby?

Il successo di questo ragazzo, è nato sì da un’idea geniale, ma altrettanto semplice.

Non fa altro che perculare dei video già divenuti virali, mostrando una soluzione più semplice al “problema”, il tutto sfruttando in maniera MAGISTRALE il potere del linguaggio non verbale.

Nei suoi video infatti non parla mai: usa sempre la stessa espressione, ormai diventata un cult, per esprimere qualcosa come “easy!!”.

Se non lo hai mai incrociato sui social, ti consiglio di curiosare un po’ i suoi contenuti qualche sorriso te lo strappa.

Ma ora veniamo a noi. Dove voglio andare a parare questa volta?

Te lo spiego subito.

In un mondo come quello dei social, popolato da scatti sexy (molto spesso al limite della decenza) e foto super ritoccate, dove le persone sono disposte a tutto pur di farsi notare, Khaby ha spopolato grazie alla semplicità e genuinità del suo format.

Scusa Matteo ma che c’azzecca Khaby Lame con la sicurezza? Devo iniziare a fare anch’io i balletti su Tik Tok per motivare i lavoratori?

No, non sto dicendo questo…

Quello che voglio trasmetterti oggi è un concetto molto spesso dimenticato da chi fa sicurezza, la semplicità.

Vedi, il mondo della formazione al Safety, non è poi tanto diverso da quello degli influencer.

Ogni giorno moltissimi addetti e responsabili della sicurezza, tentano disperatamente di coinvolgere e catturare l’attenzione dei lavoratori, ma con scarsi risultati.

Perché?

Perché la sicurezza è un argomento complesso, ricco di norme, regolamenti e tecnicismi non sempre alla portata di tutti.

Il guaio però è che, anziché alleggerire la cosa e rendere la sicurezza un momento coinvolgente e divertente, fanno l’esatto contrario: facendola percepire come una materia noiosa.

Quante ore vengono passate a declamare interminabili papiri di legge e sigle astruse utili solo a far paralizzare i neuroni di chi ci ascolta?

Eh ho capito Matteo, ma il mio lavoro è fatto di termini e concetti complessi

Io non mi stancherò mai di ripeterlo: se una cosa non la rendi semplice non può diventare motivante!!

Vediamo se così è più chiaro: S-E-M-P-L-I-F-I-C-A

Utilizzare la semplicità nel fare Sicurezza si traduce, nel pratico, in una serie di accorgimenti. Ad esempio:

  • Evitare i classici spiegoni noiosi durante le riunioni, ma ridurre i concetti all’essenza utilizzando slide con immagini e testo snello;
  • Usare un linguaggio chiaro e alla portata di tutti evitando tecnicismi e sigle incomprensibili;
  • Rendere agevole l’utilizzo e l’approvvigionamento dei DPI posizionandoli in luoghi strategici (ti ricordi dove mettono i dolcetti al supermercato?)
  • Spezzettare le operazioni complesse in sotto-operazioni da spiegare passo passo. Anche le informazioni più difficili possono infatti essere trasmesse per livelli di difficoltà crescenti;
  • Sfruttare colori accesi e testi ben leggibili per le comunicazioni sul campo, nelle bacheche e vicino ai macchinari o ai punti di maggiore pericolo;

Certo, non sempre si semplificano le cose in qualche minuto, ma è la vera chiave per coinvolgere i lavoratori e facilitare l’attenzione verso la Sicurezza nei Luoghi di lavoro.

Ricorda: quando le cose sono complesse il nostro cervello si demotiva.

A proposito di semplicità oggi voglio lasciarti con ulteriori spunti su cui riflettere per il tuo lavoro personale:

1- Le Slide che utilizzate nei corsi di formazione sono minimali, chiare e hanno un bilanciamento tra testo e immagini?

2- Durante le riunioni, semplifichi le informazioni con un’agenda dettagliata a disposizione dei partecipanti?

3- Quando parli di sicurezza utilizzi sempre un linguaggio chiaro ed efficace o ti perdi in inutili tecnicismi?

4- Nella tua azienda le operazioni per lavorare in Sicurezza sono semplificate al massimo?

5- Con che frequenza organizzi delle riunioni di snellimento e semplificazione col tuo team?

Rifletti su questi punti, nel mentre ti lascio con una citazione:

“Complicare è facile, semplificare è difficile.
Per complicare basta aggiungere, tutto quello che si vuole: colori, forme, azioni, decorazioni, personaggi, ambienti pieni di cose. Tutti sono capaci di complicare. Pochi sono capaci di semplificare.”
Bruno Munari

Safety Leadership: Sei un impostore della Sicurezza?

“La considerazione esagerata in cui viene tenuto tutto il mio lavoro, mi mette a disagio e talvolta mi fa sentire un imbroglione, anche se involontario.”
Albert Einstein

Questa citazione che hai appena letto è una confessione che il padre della teoria della relatività, Albert Einstein, rivelò ad un amico poco prima di morire.

Einstein, considerato da tutti come un genio, quando parlava dei suoi meriti si sentiva un impostore, come se la sua più grande scoperta fosse solo frutto del caso.

Questa “sensazione” in realtà non è esclusiva di Einstein, anzi, è molto più comune di quello che pensi.

Essa prende il nome di Sindrome dell’impostore.

Ma di cosa si tratta?

Nel 1978 due psicologhe americane, Pauline Clance e Suzanne Imes, notarono che alcune persone competenti e di successo erano incapaci di interiorizzare i propri traguardi raggiunti.

Pur avendo ottenuto eccellenti risultati in ambito lavorativo, infatti, le due psicologhe non si sentivano mai all’altezza del proprio ruolo, attribuendo i propri meriti al caso o alla fortuna.

“Bene Matteo, ma che c’entra tutto questo con la sicurezza?”

Mi spiego.
Se non hai fiducia nelle tue competenze e ascolti quella “vocina” interna che ti dice di non meritare i successi ottenuti, rischi di:

  • Autolimitarti e di conseguenza non sentirti all’altezza delle situazioni;
  • Provare un senso di insoddisfazione perenne, che ti porta a sentirti inadeguato e non all’altezza del tuo ruolo professionale;
  • Essere costantemente intransigente verso te stesso, provando solo rabbia e frustrazione per ogni tuo errore.

E tutto questo si ripercuote sulle tue performance, nonché sulla tua credibilità agli occhi degli altri.

Per questo anche oggi il buon Matteo viene in tuo aiuto.

Voglio condividere con te 5 azioni da fare, per evitare che la sindrome da impostore prenda il sopravvento.

  1. Ogni fine settimana, fermati un momento e prendi carta e penna. Crea una piccola lista con le 5 cose più importanti e di valore che hai fatto, e prenditene il merito.
  2. Pensa a tutti i traguardi che hai raggiunto nella vita (non necessariamente solo in ambito professionale) e prenditene il merito.
  3. Quando ricevi un complimento, anziché sminuirlo con frasi come “ma di che è il mio dovere” oppure “ma dai è una sciocchezza”, impara a dire “grazie”, e prenditene il merito.
  4. Al primo errore, non pensare subito di essere un incompetente. L’imperfezione fa parte dell’essere umano, abbiamo pregi e difetti. Riconosci l’errore, rimedia, e aumenta la tua esperienza.
  5. Anche se è difficile coinvolgere e motivare i lavoratori alla sicurezza, non abbatterti e punta ai tuoi obiettivi.

Fai sempre del tuo meglio e continua a rimboccarti le maniche.

Ricorda: Se non sei TU il primo a credere in te stesso, come puoi pensare che lo facciano lavoratori e dirigenti?

Non succederà. Garantito al limone.

Inizia a darti qualche pacca sulla spalla in autonomia. Segui questi consigli, tanto semplici quanto efficaci, e ti garantisco che nel tempo ne vedrai gli effetti.

Il Gioco Interiore del Safety

Uno dei compiti più difficili per ogni consulente o responsabile del Safety, è quello di comprendere profondamente (e modificare se necessario) tutte quelle convinzioni deleterie insite nei lavoratori o nel management.

“La sicurezza è inutile…”
“Non mi sono mai infortunato…”
“Abbiamo altre priorità…”

Ti suonano familiari?

Bene, queste convinzioni rappresentano delle ostinatissime interferenze che possono sabotare le performance di sicurezza e impediscono alle organizzazioni di prevenire correttamente gli infortuni.

Ora… è possibile cancellare o ridurre al minimo queste interferenze?

Secondo Tim Gallwey, uno dei massimi esponenti del Coaching moderno, sì.

Nel suo libro “The inner game of tennis” Gallwey racconta che l’avversario più forte non è quello che sta dall’altra parte della rete, ma quello nella nostra testa.

Quando un atleta scende in campo per giocare, l’ostacolo più grande da abbattere sono le interferenze interne, quel dialogo interiore caratterizzato da giudizi o paura di fallire.

Secondo Gallwey quindi, l’aspetto mentale è la vera chiave per ottenere il successo nella performance sportiva, che descrive nella sua ben nota formula:

p=P-I

Dove il risultato di una performance ottimale (p) è data dal potenziale dell’atleta (P) meno le interferenze (I).

“Ok Matteo tutto molto interessante, ma io ho a che fare con lavoratori a cui non interessa la sicurezza, non con atleti di tennis…”

Credimi, lo scenario è molto simile.

Quando ti senti ripetere che: “la sicurezza non serve”, “non è mai successo nulla” e altre frasi deliranti di questo tipo, stai ascoltando interferenze che impediscono di migliorare la Performance di Sicurezza (p) dell’azienda.

p=P-I

In questo caso P rappresenta il potenziale nel Safety ed è costituito da tutti quegli aspetti che migliorano sensibilmente la sicurezza in azienda.

Ad esempio:

  • La valutazione del rischio;
  • La formazione al personale;
  • L’acquisto e la fornitura di DPI adeguati;

Mentre la I – le interferenze – sono tutti quei fattori che agiscono nel peggiorare la performance di sicurezza, ad esempio:

  • Scarsa cultura della sicurezza;
  • Comportamenti negligenti o atteggiamenti inadeguati da parte dei lavoratori.

L’obiettivo di un Safety Coach è da un lato agire per migliorare il potenziale nella sicurezza, dall’altro riconoscere e ridurre quelle interferenze interne che impediscono ai lavoratori di adottare comportamenti più virtuosi.

“Ok Matteo ma come si riducono queste interferenze?”

Lavorando contestualmente in 3 Direzioni:
– Creare a tutti i livelli organizzativi solide relazioni basate su fiducia e supporto reciproco;
– Allenare costantemente al riconoscimento autonomo dei Rischi i lavoratori;
– Coinvolgere e ingaggiare in maniera efficace le persone, stimolandole e motivandole correttamente alla Sicurezza;

E l’unico modo per raggiungere con agilità questi 3 obiettivi sono le conversazioni strategiche.

“Ma come Matteo, sono anni che parlo con le persone, vuoi dirmi che non so come farlo?!1’1’’??!?11?!”

C’è una bella differenza tra Conversare e Conversare Strategicamente.

Ricorda: La conversazione strategica è diretta al raggiungimento di un obiettivo ben determinato.

Nel nostro Metodo Safety Coaching andiamo ad allenare 8 specifiche competenze che rendono il nostro modo di interagire, di rapportarci e di fornire indicazioni sul Safety efficace e vincente.

Nessuna tecnica manipolativa, ipnosi da palco o scemenze per gonzi, anzi: tutto quello che facciamo si basa sull’ascolto autentico, su domande costruite con efficacia e su ciò che la scienza ha scoperto rispetto alla motivazione umana.

Fare Sicurezza nuoce gravemente alla salute

Oggi come avrai intuito parliamo di fumo e sigarette.

Da sempre il fumo è una piaga che non accenna a diminuire, e ogni anno causa milioni di morti.

Uno dei metodi utilizzati per tentare di arginare questa dipendenza, è quello di imporre alle grandi aziende del tabacco l’utilizzo di immagini shock sui pacchetti.

Ma funziona veramente questa strategia?

Per scoprirlo riprendiamo un esperimento svolto nel 2003 ad opera di Martin Lindstrom, scrittore, consulente di branding, nonché uno dei massimi esperti di neuromarketing.

L’esperimento consisteva nel far vedere immagini shock a un gruppo di fumatori (di diversa provenienza), monitorando tramite una tecnica avanzata di risonanza magnetica quale area del cervello si attivasse.

Ora, se lo scopo delle immagini è quello di spaventare i fumatori, è logico pensare che una delle aree più sollecitatesia proprio quella corrispondente alla paura.

In realtà l’esperimento dimostrò altro…

L’area più stimolata durante il test si rivelò essere quella del desiderio, la stessa area che si attiva quando il nostro cervello ci spinge a fumare.

In altre parole, non solo quelle immagini scabrose e ripugnanti non abbassano il desiderio di fumare… ma addirittura lo aumentano!

E il bello è che durante il test, venne chiesto ai fumatori se quelle immagini fossero veramente impressionanti e tutti risposero di sì!

Ok Matteo non ho ancora capito dove vuoi arrivare… Che c’azzecca il fumo con la sicurezza?

Questo esperimento mi ricorda molto i classici, e spesso utilizzati, video shock del Safety.

Questi video, proposti in varie occasioni in cui si parla di Sicurezza, mostrano mirabolanti near-miss, infortuni shock o addirittura incidenti mortali.

Chi li utilizza è convinto che attraverso quelle immagini riuscirà a stimolare e motivare i lavoratori a rispettare finalmente le norme di sicurezza.

E puntualmente, proprio come per le immagini dei pacchetti di sigarette, il risultato non cambia o gli effetti durano solo pochi giorni…

Ti suona familiare?

Questo esperimento ci insegna 2 grandi lezioni che possono essere utili anche a te.

1. La motivazione umana non si può improvvisare

Il cervello umano è una macchina estremamente complessa e se vuoi motivare davvero le persone devi comprendere appieno il contesto e offrire continuamente nuovi stimoli:

  • Conoscendo l’ambiente umano e le sue dinamiche: dove si trovano i lavoratori, che tipo di rapporti ci sono, cosa potrebbe motivare o demotivare le persone;
  • Stimolare la proattività: invitando i lavoratori attraverso sfide di gruppo e gameplay a ricercare in autonomia le migliori soluzioni per la sicurezza dell’azienda;
  • Creando connessioni e relazioni di valore: instaurando relazioni di fiducia e utilizzando l’ascolto attivo per comprendere bisogni, sensazioni e punti di vista contrastanti;

2. Le emozioni da sole non bastano a motivare le persone
Prendendo l’esempio delle immagini, abbiamo visto che se anche la parte razionale del cervello pensa che siano efficaci, la parte inconscia agisce in maniera inaspettata.

Lo stesso vale per i tanto utilizzati video bomba.

Di primo impatto colpiscono sicuramente, ma passata l’emozione iniziale tutto torna come prima.

L’abitudine vince. Quasi sempre.

Questo accade perché le emozioni sono stati mentali passeggeri che nascono e muoiono in fretta.

Quello che dovresti fare invece è preoccuparti sì delle emozioni, ma allo stesso tempo costruire qualcosa di più duraturo come i sentimenti.

Che c’entrano i sentimenti? Non basta far vedere qualche video SCIOCCANTE per creare cultura!1!1??

Mi spiace deludere i fan accaniti dei filmati Hollywoodiani, ma quando si parla di Motivare alla Sicurezza bisogna andarci con i piedi di piombo e riflettere sempre sull’efficacia delle proprie strategie.

L’obiettivo di un Safety Coach non è quello di stimolare emozioni forti dalla breve durata, ma di creare un sentimento positivo nei confronti della sicurezza.

Il Sentimento rappresenta la nostra esperienza profonda, ciò che davvero riteniamo valido e importante. Questo stato è definibile come un mix di sensazioni e pensieri, e perdura nel tempo.

E l’unico modo per far nascere sentimenti efficaci che guidino la motivazione al Safety è dedicare tempo ed energie per una profonda riflessione autonoma e un continuo rinforzo dei comportamenti virtuosi.

Ricorda: I sentimenti sono la vera chiave per motivare le persone.

La sicurezza è uno schema Ponzi!

Qualche giorno fa ci ha lasciati uno dei più grandi architetti della truffa, Bernard (detto Bernie) Madoff.

Bernie fu arrestato nel 2008 e condannato a 150 anni di carcere per aver ideato uno dei più grandi schemi ponzi della storia, truffando circa 37 mila persone in più di 130 paesi.

Lo stratagemma era tanto semplice quanto diabolico..

Madoff depositava in un conto corrente il denaro dei suoi facoltosi clienti senza però investirli, se li teneva per sé.

Ripagava poi i primi investitori coi soldi degli ultimi arrivati, che a loro volta portavano altri investitori.

Pensa che è riuscito a ingannare anche personaggi illustri come Steven Spielberg, attori e persino importanti Banche di risparmio.

In un interrogatorio Madoff sottolineò che la truffa da lui attuata era piuttosto semplice da smascherare e che chiunque, con un minimo di cultura finanziaria, avrebbe potuto fiutare.

Un “bel” personaggio, non c’è che dire…
Ora, al di là delle vicende e delle cose negative che ha indubbiamente fatto, c’è una cosa di cui gli va dato atto:

La sua capacità di convincere e motivare le persone.

Aspetta Matteo, come osi paragonare il mio spirito coraggioso di professionista del Safety a quel truffatore di Bernie Madoff? Devi iniziare anch’io a corrompere operai e dirigenti per farmi ascoltare?

Assolutamente No!

Non serve, anche perché, parliamoci chiaro, sono anni che smonto le scemenze Piennellare e le tecniche manipolative da 4 soldi..

Eppure il mondo della sicurezza ha un tratto in comune con la truffa del vecchio Bernie e il suo schema ponzi:

Proprio come i clienti di Madoff non si rendevano conto di questo schema elementare, nel caso della sicurezza la gente non ha consapevolezza dell’importanza di lavorare in sicurezza al fine di evitare infortuni.

Utilizzare i DPI mentre si eseguono lavorazioni pericolose ad esempio, dovrebbe essere una cosa elementare e invece nella maggior parte dei casi, non si fa.

“Sono anni che faccio questo lavoro e non è mai successo niente”
“Non abbiano mai avuto infortuni”
“A me non succede, figurati, io so fare il mio lavoro”

Ma perché accade tutto questo?

Stupidità?

Forse, ma il vero motivo è che il nostro cervello è spesso vittima di trappole mentali, ovvero piccoli errori di valutazione che commettiamo e di cui non ci rendiamo conto.

Due di queste trappole ad esempio sono l’effetto gregge e l’impudenza.

Vediamole insieme…

1 – Effetto Gregge

Il primo effetto che possiamo definire “così fan tutti” consiste nell’assumere idee, comportamenti e atteggiamenti della massa perché ritenute più giuste.

Se tra i suoi clienti ci sono personaggi importanti, significa che è un investimento sicuro no?

Molti clienti si sono fatti convincere da Bernie Madoff poiché tra il suo portfolio c’erano Banche e personaggi importanti dello spettacolo.

Allo stesso modo nella sicurezza si verifica una situazione simile con i nuovi operai.

Ma se loro lavorano da 30 anni senza protezioni e senza subire infortuni, evidentemente non servono

In molte realtà aziendali troviamo i classici senatori, gente che lavora da una vita senza rispettare le indicazioni perché vittime di abitudini errate..

Ecco allora che gli operai più giovani anziché seguire le norme di sicurezza, seguono il gregge e si adeguano allo schema di convinzioni dei “più esperti”.

2 – Impudenza

Il secondo effetto è dato dall’eccessiva sicurezza di se stessi e delle proprie capacità, che ci porta a prendere decisioni sbagliate.

Gli investitori di Bernie si sentivano sicuri poiché non prometteva profitti mirabolanti ma un rendimento annuo attorno al 10%, più sicuro e credibile.

Nella sicurezza gli operai tendono a sottovalutare il pericolo e a sopravvalutare le proprie capacità, forti del fatto che sanno quello che fanno.

Sono sempre attento ai rischi mentre lavoro, perché dovrei indossare le protezioni?

Come vedi i meccanismi psicologici che decretano il “successo” di tutto ciò che c’è di sbagliato nel mondo della sicurezza sul lavoro, sono gli stessi – pericolosissimi – di uno schema Ponzi.

Ora, la domanda da 1 milione di dollari è:

È possibile aggirare questi bias mentali?

Certo che sì. Servono però gli strumenti giusti.

Sicurezza Lavoro: Pensi mai alla tua Vision?

Una delle difficoltà più grandi per ogni consulente o responsabile della sicurezza, è riuscire a modificare i comportamenti dei lavoratori.

Sappiamo tutti che ispirare un cambiamento che porti le persone a modificare atteggiamenti o convinzioni errate è difficile.

Ma non è impossibile, e la storia ce lo insegna.

Se guardiamo al passato infatti, moltissimi leader carismatici hanno guidato e trasformato intere nazioni, grazie alle loro idee e alla loro visione.

Prendiamo ad esempio uno dei presidenti americani più importanti anzi, il Presidente (con la P maiuscola) Abraham Lincoln.

Lincoln fu il sedicesimo presidente durante uno dei periodi più dolorosi e bui della storia americana: la Guerra di Secessione.

Siamo nel 1861 e dopo diversi scontri, inizia apertamente la guerra.

Da una parte c’erano gli stati del Nord guidati da Lincoln, che volevano abolire la schiavitù, mantenere l’unione e il controllo federale sugli stati del sud.

Dall’altra il Sud che voleva a tutti i costi l’autonomia e il mantenimento della schiavitù.

Dopo diversi scontri cruenti arriviamo nel 1863 alla battaglia decisiva di Gettysburg.

La guerra non era ancora finita, ma quella vittoria segnava inesorabilmente la fine per gli stati del Sud.

A quel punto, i consiglieri suggerirono a Lincoln di approfittare dell’occasione per proporre la resa agli avversari e iniziare a trattare.

Ma lui aveva una visione generale molto più grande della semplice unione tra gli stati, voleva infatti l’uguaglianza tra i popoli.

E cosa fece?

Proprio nel campo di battaglia di Gettysburg pronunciò uno dei discorsi più famosi della storia: la Dichiarazione D’Indipendenza.

L’atto che al tempo rendeva gli Stati Uniti una nazione diversa da tutte le altre, una nazione fondata su principi di libertà e uguaglianza tra le persone.

Spostò l’obiettivo dall’unione all’abolizione della schiavitù.

Il resto è storia…

Lincoln fu poi ucciso dopo essere stato rieletto presidente, ma la sua visione di cambiamento e le sue parole, fecero breccia nel cuore del popolo americano ispirando un cambiamento epocale.

Bella la lezioncina di storia Matteo, ma che c’azzecca Lincoln con la sicurezza?

Quello che voglio trasmetterti oggi, è che se vuoi davvero cambiare le cose e ispirare un cambiamento, devi andare oltre il tuo ruolo di consulente e responsabile della sicurezza.

Un grande leader ha sempre una visione chiara di ciò che vuoi ottenere.

Come al solito – prima di chiudere – ti lascio i compiti per casa 🙂

Ecco 5 domande che ti faranno riflettere sulla tua VERA visione:

1. Qual è lo scopo più alto che vuoi raggiungere col tuo lavoro?
Inizia a chiederti cosa si nasconde dietro i risultati che vuoi raggiungere quotidianamente.

2. Cosa ti rende davvero felice e soddisfatto?
Pensa a cosa ti fa sorridere e svegliare felice ogni mattina.

3. Cosa ha davvero significato per te?
Rifletti sui i valori che vuoi trasmettere ogni giorno ai lavoratori e ai dirigenti in azienda.

4. Cosa ti permette di andare avanti nonostante le difficoltà?
Quando le cose vanno male o hai una giornata no, cosa ti da la forza di andare avanti?

5. Perché fai quello che fai?
Cosa riempie di significato la tua professione?

Riflettici con calma…
Potresti scoprire cose molto interessanti su te stesso e su ciò che puoi fare per gli altri.